Riceviamo da Salvatore Nocera, presidente del Comitato dei Garanti della FISH, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, il seguente contributo che volentieri pubblichiamo.
Leggo il comunicato-stampa dell’ANP e del CoorDown di qualche giorno fa, secondo il quale “l’incomprimibilità dei diritti degli alunni e delle alunne con disabilità e con bisogni educativi speciali può essere pienamente garantita, solo se vi realizzano a monte tre condizioni: l’emanazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche di cui all’art. 117 della Costituzione, l’assegnazione degli assistenti per l’autonomia e la comunicazione te la totale vaccinazione di tutti gli alunni con disabilità”.
Ed il comunicato si conclude: “le nostre organizzazioni pertanto chiedono la realizzazione delle tre condizioni sopra riportate, quale presupposto imprescindibile per il riconoscimento pieno del diritto all’istruzione degli alunni e delle alunne con disabilità: come è stato detto, infatti, «un diritto non è qualcosa che ti viene dato da qualcuno; è qualcosa che nessuno può toglierti»”.
Con queste premesse le due importanti organizzazioni negano alcuna validità giuridica alla nota ministeriale n. 662 del 12 marzo scorso con la quale invece si stabiliva che le scuole non dovevano limitarsi a far partecipare gli alunni con disabilità e con BES alla didattica in presenza, ma dovevano valutare di far partecipare gruppetti di compagni a rotazione.
Ora, a parte il fatto che “i livelli essenziali delle prestazioni scolastiche per le scuole secondarie” sono stati approvati già con decreto legislativo n. 226 del 2005 e che “le Linee guida per le scuole dell’infanzia e primarie” sono state approvate secondo le indicazioni del DPR n. 89 del 2009, seguite dal D.M. n. 254 del 2012 (norme apparentemente trascurate dai due importanti organismi, che, data la loro notorietà, non possono ignorare tali norme), ma c’è assai di più in tale comunicato.
Infatti, dal momento che per le due organizzazioni le tre condizioni sono irrinunciabili al fine dell’inclusione, poiché esse ritengono ancora non verificate le tre condizioni, gli alunni con disabilità non avrebbero attualmente diritto di frequentare le scuole comuni.
Ciò significherebbe che tutte le norme che hanno introdotto e ribadito il diritto all’integrazione ed all’inclusione scolastica, non sarebbero sufficienti attualmente a far nascere in questi alunni il diritto alla scolarizzazione nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado.
E viene da chiedersi cosa ci stiano a fare le numerosissime sentenze della Corte costituzionale e della magistratura sulla legittimità e di merito circa l’esistenza al diritto incondizionato costituzionalmente garantito degli alunni con disabilità all’inclusione.
Tale normativa e tali consolidati orientamenti giurisdizionali durano ancor oggi in tempo di pandemia. Infatti tutte le norme dei DPCM a partire dal marzo 2020, passando per la legge n. 41 dell’8 giugno 2020 per la nota ministeriale del 5 novembre 2020 sino a pervenire alla nota n. 662 del 12 marzo 2021, garantiscono il diritto degli alunni con disabilità a frequentare, anche nelle zone rosse la didattica in presenza in situazione di “effettiva inclusione con un gruppetto di compagni”, senza la necessità che sia provata la terza condizione dalle due importanti organizzazioni circa la necessità di preventiva vaccinazione di tutti gli alunni con disabilità, né la necessità che vi siano sempre ed ovunque gli assistenti per l’autonomia e la comunicazione.
Al contrario della posizione negativa delle due importanti organizzazioni, alcune scuole, guidate dai rispettivi dirigenti scolastici e grazie all’impegno dei loro docenti, hanno dato piena attuazione alla nota min. 662/2020, quali, ad esempio, l’IC Guicciardini di Roma, la cui preside è intervenuta il 25 mattina alla nota trasmissione di Radio 3, Prima Pagina, apprezzando pienamente la detta nota ministeriale, così come un Istituto comprensivo di Prato.
Pertanto le due importanti organizzazioni, invece di concludere il loro comunicato, ribadendo il verificarsi previo delle tre condizioni come “presupposto imprescindibile” per l’affermazione del diritto all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità coi compagni, dovrebbero prendere atto che tale diritto esiste già da tantissimi anni sino ad oggi.
E fa meraviglia che il Presidente dell’Associazione nazionale presidi, prima di prendere una decisione tanto netta e irrinunciabile, non abbia consultato i suoi associati molti dei quali certamente non la pensano come lui, perché ne conosco molti, oltre a quelli citati che sono per l’inclusione scolastica “senza se e senza ma”.
E’ altrettanto incredibile come il CoorDown che sino ad ieri ha gridato allo scandalo, stracciandosi le vesti perché nella normativa dei “nuovi PEI”, a proposito dei PEI differenziati per gli alunni con disabilità assai complesse delle scuole superiori il Ministero ha prevista la possibilità di “esonero” da talune discipline con la sostituzione di altre attività, ora addirittura concordi sul “presupposto irrinunciabile” che senza il verificarsi delle tre condizioni imprescindibili, non esiste un diritto all’inclusione nelle classi comuni, anzi neppure di fatto tali alunni debbano andare a scuola in specie in periodo di pandemia.
Pertanto mi sembra venga, con queste affermazioni delle due importanti Organizzazioni, contraddetta la chiusa del loro comunicato: “un diritto non è qualcosa che ti viene dato da qualcuno; è qualcosa che nessuno può toglierti”.
Infatti stante il “presupposto imprescindibile” da loro fissato, agli alunni con disabilità viene tolto il diritto all’inclusione in periodo di pandemia.
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