Attualità

Alunni disabili reiscritti alla stessa classe. Forse l’inclusione sta facendo passi indietro

Per il prossimo anno scolastico gli alunni disabili, su richiesta della famiglia, potranno essere reiscritti alla stessa classe frequentata quest’anno: lo prevede una norma inserita nella legge di conversione del decreto scuola; per la verità la reiscrizione non sarà automatica in quanto sulla richiesta dei genitori si dovranno esprimere anche il consiglio di classe interessato e il Gruppo di lavoro per l’inclusione.

La disposizione, fortemente richiesta dalle associazioni delle famiglie, non è però condivisa da tutti.
Per capire meglio la questione ne parliamo con Raffaele Iosa, già dirigente tecnico del Ministero e da sempre attento studioso dei problemi dell’inclusione.

Cosa ne pensa, ispettore?

E’ uno dei numerosi passi indietro dell’ultimo decennio, e non è solo un fatto di carattere normativo, è un fatto sociale culturale che ha a che fare anche con il fatto che purtroppo molto spesso l’inclusione è stata sostituita da pratiche di isolazionismo.

Cosa vuole dire?

Coloro che sono contrari alla possibilità di far ripetere l’anno all’alunno disabile sostengono che questa soluzione è sbagliata perché in tal modo l’alunno disabile perde i propri compagni e il proprio gruppo di riferimento. Magari le cose stessero così.
In realtà ci sono ormai migliaia e migliaia di ragazzini disabili che hanno rapporti occasionali e precari con i propri compagni perché, occorre dirlo, non basta mettere il ragazzino disabile nel banco a fianco di un altro alunno per fare inclusione.
Va anche detto che purtroppo si sta sempre più tornando ad una sorta di “pedagogia speciale” indotta anche dall’idea di “curare”:  in atto ormai da tempo una sorta di medicalizzazione della disabilità ma anche di altre forme di “diversità” (DSA, BES e così via).
Stiamo abbandonando il principio di Don Milani (“i care”, cioè “mi prendo cura”) per passare a quello del “ti curo”.

Però le famiglie qualche ragione ce l’hanno, o no?

Certo che sì. Le famiglie si trovano spesso di fronte a situazioni difficili con insegnanti di sostegno che cambiano spesso, talora anche ogni anno e quindi è comprensibile che pensino che il male minore è ancora quello di dare più tempo al figlio disabile.
Nel passaggio dall’ultimo anno della “media” alla scuola “superiore” ci sono angoscia e paura del cambiamento e questo, paradossalmente, si accentua nei casi in cui la scuola media ha fatto un buon lavoro.
Nella secondaria di secondo grado emerge un altro problema molto serio perché è la fase in cui il ragazzo entra nella vita adulta e le paure delle famiglie sono alimentate anche dal fatto che non sempre il territorio è in grado di offrire i servizi necessari.

Come si esce da questi problemi ?

Io credo che la questione sia più generale: fino a che avremo un sistema che alla fine di ciascun anno prevede due sole uscite (promosso o bocciato) non se ne uscirà. Dobbiamo pensare ad un modello scolastico diverso per tutti.
Per i disabili, e soprattutto per i più gravi, vanno pensati e approntati progetti a lungo termine che vadano al di là dei confini scolastici.

 

Reginaldo Palermo

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