C’è senza dubbio un aumento degli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA). Lo confermano anche le statistiche del Miur, che riportano come nell’a.s. 2016-2017, siano stati 254.000 i casi certificati, in netto aumento rispetto ai 167.804 del 2004/05.
Si è creata pertanto una certa diffidenza da parte dell’opinione pubblica, specie gli operatori della scuola, sulla reale veridicità di tutte queste certificazioni di alunni con disturbi specifici dell’apprendimento. Vediamo di fare chiarezza su cosa siano tali disturbi e come devono essere gestiti dalla scuola.
Per iniziare possiamo subito ricordare che la legge dell’8 ottobre 2010, n. 170, riconosce la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia come Disturbi Specifici di Apprendimento (in sigla i DSA), che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana.
Tali disturbi colpiscono bambini e ragazzi che in genere non hanno disabilità o difficoltà particolari, ma possono rendere loro vita scolastica difficile, se non vengono aiutati nella maniera corretta.
Ma tali bambini e ragazzi con DSA non hanno diritto all’insegnante di sostegno, così come segnala Disabilii.com.
L’insegnante di sostegno, infatti, è previsto solo per le situazioni di minorazione fisica e/o sensoriale e/o psichica tali da costituire una disabilità, come regolamenta la Legge n.104 del 5 Febbraio 1992 per cui solo in questi casi sono garantite attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati.
– Dislessia: la dislessia si manifesta sia con difficoltà nell’imparare a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, sia con una minore correttezza e rapidità della lettura a voce alta. Risultano più o meno deficitarie la lettura di lettere, di parole e non-parole, di brani.
– Disgrafia e disortografia: la disgrafia fa riferimento al controllo degli aspetti grafici, formali, della scrittura manuale; la disortografia riguarda invece l’utilizzo, in fase di scrittura, del codice linguistico in quanto tale. La disgrafia si manifesta in una minore fluenza e qualità dell’aspetto grafico della scrittura, la disortografia è all’origine di una minore correttezza del testo scritto.
– Discalculia: la discalculia riguarda invece la difficoltà negli automatismi del calcolo e dell’elaborazione dei numeri.
Questi rappresentano le tipologie maggiormente diffuse di disturbi specifici dell’apprendimento.
La diagnosi del disturbo dell’alunno non compete all’insegnante: lo scriviamo a scanso di equivoci. Tuttavia, sono proprio i docenti, soggetti che stanno a contatto con gli alunni e li osservano dal punto di vista del’educazione e dell’apprendimento, a riconoscere per primi la maggior parte delle volte un Dsa.
Per questo risulta essere di particolare importanza riconoscere precocemente un DSA, allo scopo di limitare i danni che una mancata diagnosi potrebbe apportare all’alunno, sia in termini di apprendimento ma anche di autostima personale.
Generalmente, le difficoltà osservate da parte dei docenti sono il ritardo nel linguaggio, il confondere le parole che hanno una pronuncia simile, la difficoltà di esprimersi e di identificare le lettere, quella di comprendere i suoni associati alle lettere, oltre ai ricorrenti problemi nella lettura e nella scrittura.
Pertanto, quando gli insegnanti hanno compreso che si tratta di DSA, sono tenuti a comunicarlo alle famiglie, per procedere insieme ad un invio agli enti di competenza che provvederanno alla diagnosi finale.
Saranno indispensabili in tal senso le strategie didattiche mirate ed un dialogo costante con alunno.
Inoltre, una cosa fondamentale è che l’insegnante spieghi al resto della classe il disturbo del compagno per farlo sentire accolto e sostenuto.
Ricordiamo infine che per gli alunni DSA si deve redigere un piano didattico personalizzato (PDP), che generalmente deve essere pronto entro il mese di novembre.
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