Alunni DSA: è corretto costringerli a scrivere in corsivo? Si tratta di uno dei temi affrontati nella mattina del 30 gennaio nell’ambito del convegno Ripensare l’educazione nel XXI secolo, l’iniziativa del Ministero dell’Istruzione cui ha preso parte la Ministra Azzolina. Cura ha a che fare con la didattica ma anche con la situazione pandemica che stiamo vivendo, spiega la Ministra, di cui la scuola si sta facendo carico. Un’iniziativa che mette gli alunni al centro, parlando di scuola come di comunità che si prende cura dei suoi uomini e donne, dei suoi bambini e bambine, ragazzi e ragazze.
Durante l’incontro si parla di cura educativa, con Raffaele Ciambrone, Dirigente presso la Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione: “Quando mi capita di assistere a qualche spettacolo di bambini, io distolgo lo sguardo e lo rivolgo verso gli insegnanti e allora voi vedete che se un bambino incespica, l’insegnante trepida, se il bambino recita bene, l’insegnante si alza da terra, questa è la cura educativa.” E cita i greci, Raffaele Ciambrone “Un verbo molto bello del greco antico è conoscere. Per i greci il pensiero è diventare, conoscere è diventare la cosa conosciuta, spogliarsi da se stessi per entrare negli altri e farsi carico di loro, come l’insegnante fa con l’alunno.”
Giacomo Stella, esperto di DSA e professore universitario, interviene sul tema della dislessia per spiegare un tema molto sentito tra gli insegnanti: corsivo sì o corsivo no? Il professore Stella raccomanda: non si costringano i bambini DSA con difficoltà a scrivere in corsivo a questo tipo di esercizio e di scrittura, quando con lo stampatello raggiungono maggiori risultati. Le chiama torture ingiustificate, quelle cui i bambini DSA vengono spesso sottoposti senza una vera ragione e senza che ne possano trarre beneficio, a fronte di enormi difficoltà. Sono bambini che combattono con una mente che li tradisce. Il problema a scuola è che si chiede ai bambini che siano loro ad adattarsi alla didattica e non viceversa. Occorre imparare dai DSA, per farsi carico del loro modo diverso di apprendere. Basta delegare la famiglia e far ricadere su di essa il peso di modalità di insegnamento alternative che spettano al docente, afferma il professore Stella.
La legge sui disturbi specifici di apprendimento l’anno scorso ha compiuto dieci anni, ci ricorda il professore: “Poteva davvero essere una rivoluzione e un cambiamento di ottica. Le differenze sono valori.”
Il professore conclude con un consiglio, in risposta a una domanda dal pubblico. Come comunicare a un bambino la sua disgrafia? chiede un’insegnante. “Non sottolineare le differenze in termini patologici. Ognuno a modo suo, ognuno usi la propria grafia, senza vivere una diversità di scrittura in termini patologici.”
Gli interventi rimangono registrati, trascritti e messi a disposizione di tutti sul sito del Ministero dell’Istruzione.
Chiude la Ministra: una scuola funziona quando il rapporto tra insegnante e alunno non si esaurisce in qualcosa di meramente burocratico ma diventa un entrare in relazione in cui ci si mette dentro il cuore e l’anima.
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