Alunni

Alunni Dsa, sanzioni ai docenti che non fanno il PDP e diagnosi precoci: aumenta l’incertezza e serve più formazione

Gli alunni con disturbi specifici di apprendimento sono oltre 350 mila, più del 3% della popolazione scolastica. Ma non sarebbero sufficientemente tutelati dalla Legge n.170 dell’8 ottobre 2010. A sostenerlo è la senatrice Tiziana Drago, del Movimento 5 Stelle: la parlamentare ha infatti appena depositato un disegno di legge a tutela e sostegno degli alunni con Dsa.

La proposta di legge

Nello specifico, come già scritto dalla Tecnica della Scuola, la senatrice fa sapere che, al termine di un ciclo di incontri con famiglie, esperti del settore, pedagogisti, dirigenti scolastici, ha elaborato “delle modifiche migliorative” alla legge del 2010.

La proposta di legge, presentata con i colleghi Bianca Laura Granato, Luisa Angrisani, Fabrizio Ortis, Felicia Gaudiano e Cinzia Leone e altri, intende migliorare la formulazione della “diagnosi precoce dei disturbi dell’apprendimento tramite uno screening obbligatorio”, ma anche introdurre “misure di supporto come una didattica individualizzata e l’introduzione di sgravi fiscali per le famiglie”.

La “stretta” sugli inadempienti

Tra le novità figurano anche “sanzioni per i dirigenti scolastici, per i docenti delle scuole dell’obbligo ed universitari che non rispettino i tempi di presentazione del Piano didattico personalizzato (PDP) per i ragazzi con Dsa”.

Sempre la senatrice pentastellata sostiene che “il mancato rispetto, da parte dei docenti, anche universitari, e dei dirigenti scolastici, delle linee guida della legge 170/2010, ed in particolare del termine di deposito dei Piani di Studio Personalizzati per gli studenti con disturbi dell’apprendimento, costituisca un illecito disciplinare”.

In pratica, i docenti che si dovessero sottrarre alla presentazione del piano didattico specifico per l’alunno, comprendente eventuali strumenti compensativi e dispensativi, subirebbe una sanzione disciplinare.

E lo stesso vale per i presidi che non dovessero verificare la mancata presentazione del documento e agire di conseguenza in caso di ritardi o inadempienze varie.

Diagnosi già nella scuola dell’infanzia

Il ddl entra poi nel merito delle diagnosi: secondo la senatrice Drago, infatti, è anche “necessario abbassare l’età della certificazione che oggi viene rilasciata solo tra la seconda e la terza classe primaria. Infatti, una diagnosi formulata precocemente consentirebbe il recupero di certe abilità”.

A questo scopo, con il ddl si “vuole inserire uno screening (o test) obbligatorio nelle scuole (partendo dall’ultimo anno della scuola dell’infanzia, con consenso informato dei genitori, passando al primo anno di primaria per confermare al terzo anno della scuola primaria)”.

Va comunque ricordato che in Italia gli standard sulle certificazioni indicati dalla normativa nazionale (ad esempio, la certificazione per la disgrafia non prima del termine della seconda primarie e un anno dopo per la discalculia) sono gli stessi che adottano molti altri Paesi.

Inoltre, non sempre a quell’età è possibile individuare con certezza la presenza di disturbi specifici di apprendimento, che infatti in molti casi con il passare del tempo si rivelano delle naturali difficoltà di comprensione.

Aumenta il grado di difficoltà

Ciò non toglie che ridurre la soglia per la verifica dei primi “segnali” possa essere una strada percorribile. È chiaro che, in questo caso, il margine d’errore potrebbe aumentare. E anche il lavoro dei docenti diventerebbe più complicato: un maestro della primaria ad esempio, si potrebbe ritrovare a gestire i casi di “certa”, “probabile” e “presumibile” presenza di alunni con disturbi specifici di apprendimento. Realizzando, nel primo caso, il PDP. Mentre nei casi di incertezza, dovrebbe adottare le dovute accortezze, definite di volta in volta, a seconda del grado di difficoltà dei contenuti affrontati e delle verifiche proposte.

Il tutto si realizzerebbe sempre definendo le singole programmazioni nero su bianco, con un aumento inevitabile, per i docenti con alunni che rientrano in queste casistiche, degli impegni, delle scadenze da rispettare e della burocrazia da assolvere.

Si tratta di un lavoro aggiuntivo di non poco conto, che per il bene degli alunni va sicuramente svolto. Ma serve anche un’adeguata formazione del docente: un “particolare” di non poco conto, che nel ddl del M5S dovrebbe trovare ampio spazio. Con fondi adeguati a supporto.

Alessandro Giuliani

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