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Alunni e alunne con DSA: il problema è serio, non è proprio il caso di ironizzare

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La lettera sul tema degli alunni con DSA a firma di Andrea Ceriani pubblicata nei giorni scorsi sta provocando qualche protesta da parte di diversi nostri lettori.

Preliminarmente dobbiamo ribadire che si tratta di una lettera e non di un articolo della nostra redazione: è del tutto evidente, dunque, che toni e contenuti del testo non impegnano in alcun modo la nostra testata che peraltro all’argomento ha dedicato non pochi articoli, servizi, interviste ad esperti e a specialisti.
E, come è facile constatare, mai abbiamo pensato di sottovalutare il problema né tanto meno di affrontarlo in modo ironico o sarcastico.
“Dietro ogni diagnosi di DSA – ci scrive una lettrice (e, per quanto vale, noi condividiamo pienamente) – ci sono studio, fatica, lacrime, impegno, mortificazione, rabbia, frustrazione e (più difficilmente) gioie. Migliaia di famiglie, docenti e associazioni si muovono affinché questi alunni (a volte con un q.i. superiore alla media) possano essere supportati per conseguire risultati accettabili (solo perché non sempre capiti) in ambito scolastico da docenti poco formati o dell’idea (anch’essi) di Andrea Ceriani che, con le sue parole, spazza e butta nel cestino anni di studio e ricerca adducendo, alla relazione medica che accompagna un alunno con DSA, una mera tessera di lasciapassare per facilitare interrogazioni, esami ed anni scolastici con la complicità di genitori intenti a proteggere, secondo lui, dalle vere fatiche didattiche pargoli viziati e debosciati”.
In ogni caso è bene ricordare che, al di là delle opinioni personali, i disturbi di specifici di apprendimento sono espressamente previsti da una legge, la n. 170, che compie 14 anni proprio in questi giorni.
Dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia sono dunque disturbi per i quali sono previste delle ben precise misure di legge: gli alunni e le alunne che ne soffrono ha pieno diritto a fruire delle misure compensative e dispensative previste dalla legge.
E, ovviamente, la scuola ha il preciso dovere di mettere in atto tali misure e di promuovere e organizzare iniziative di formazione per i propri docenti anche per evitare la diffusione di interpretazioni sbagliate sull’argomento.