
Non si arresta la parabola discendente della denatalità che ha portato, dati Istat alla mano, ad appena 1,1 figlio in media a famiglia: da oltre un lustro anche la scuola ne risento. Presto, inevitabilmente, anche nel secondo ciclo, dove fino ad oggi l’onda lunga della riduzione sensibile del tasso demografico è stata più contenuta. Il prossimo anno scolastico conferma la tendenza: le prime stime ci dicono che da settembre 2025 saranno circa 134mila gli alunni in meno rispetto a quello attuale. Solo in Puglia, da settembre 2025 si passerà “dai 101.556 iscritti alle classi prime dell’anno scolastico 2024/25, in corso, ai 93.692 del prossimo anno scolastico 2025/26”, quindi in una sola regione si registrerà un calo di oltre 7mila iscrizioni.
Nulla di nuovo, purtroppo, con effetti inevitabili sull’organizzazione scolastica: basta dire che nell’ultimo decennio – scriveva nel maggio 2023 ‘Il Sole 24 Ore’ riprendendo dei dati di Tuttoscuola – si sono persi tra i 2.500 e i 3.000 istituti scolastici tra scuola dell’infanzia e primaria”, di cui il 55% appartenenti alle paritarie. E siamo solo all’inizio, perché “tra 10 anni dai 7,4 milioni di studenti del 2021 si scenderà a poco più di sei milioni, al ritmo di 110-120mila ragazzi in meno ogni anno”: ciò comporterà un ulteriore cancellazione di scuole, tanto che “nei prossimi cinque anni si può stimare che ne chiuderanno almeno altre 1.200, tra statali e paritarie”.
La vera novità, purtroppo non positiva, è che, lasciando inalterato il numero minimo per formare le prime classi (27 alle superiori), questo quadro a breve comporterà anche la sparizione di non pochi posti di lavoro: sinora, infatti, i governi che si sono succediti erano riusciti a mantenere inalterato l’organico del personale scolastico, con più insegnanti quindi a disposizione per tamponare “buchi” o assenze. Anche nel 2024 era andata così.
Dal prossimo anno scolastico, invece, con la Legge di Bilancio approvata a fine 2024, è stato deciso che si taglieranno ben 5.660 posti di insegnante, come confermato anche dal ministero dell’Istruzione alcuni giorni fa. E poteva anche andare peggio, perché nella lista dei tagli c’erano anche 2.174 posti Ata. Una “sforbiciata”, quest’ultima, poi però rimandata al 2026.
L’agenzia Ansa ha raccolto i pareri dei sindacati di categoria cercando di capire perchè si è arrivati a questo. “Il taglio riguarderà i posti comuni, ovvero quelli che servono per ridurre i numeri degli alunni per classe e potrebbe portare ad una soppressione delle classi, che graverebbe sulle scuole più piccole e decentrate, già oggetto di dimensionamento, causandone la chiusura definitiva”, fa notare la Gilda degli insegnanti.
La Flc Cgil per questi tagli aveva scioperato ad ottobre e novembre scorsi. “Quella dei collaboratori scolastici tra l’altro – dice all’Ansa la segretaria generale Flc Cgil, Gianna Fracassi – è una figura già oggi mancante nella scuola, quindi non comprendiamo il motivo di queste riduzioni di organici”.
Il dato è “allarmante, la denatalità deve rappresentare una opportunità e non una penalizzazione”, osserva la Uil scuola, con il segretario Giuseppe D’Aprile, che aggiunge: “il ministero dell’Istruzione dà esecuzione alla Legge di Bilancio. Nella scuola secondaria di secondo grado ci sono 5.909 classi con 28 alunni o più. Intanto crescono i numeri dei pensionamenti che non trovano compensazione attraverso il turn over, che ha come conseguenza la “fuga” di 10.293 docenti che hanno potuto accedere al pensionamento”.
Anche il sindacato Anief, con il suo presidente Marcello Pacifico, ha espresso la propria assoluta contrarietà, è in particolare per il personale Ata afferma: “è una misura immotivata, stante la crescente richiesta di personale ausiliario da parte delle scuole a supporto delle attività scolastiche. Ci siamo battuti e continueremo a farlo, per la conferma dei contratti relativi al l’organico aggiuntivo PNRR e Agenda Sud, altro che riduzioni del personale. Le scuole sono al collasso”.
Questi i commenti, poco ottimistici, dei rappresentanti dei lavoratori. La realtà, comunque, è fatta di classi composte, soprattutto alle superiori, anche con oltre 27 alunni: se non si abbasseranno i parametri delle iscrizioni minime per classe, introdotti dall’ultimo Governo Berlusconi, con Maria Stella Gelmini ministra dell’Istruzione, gli insegnanti continueranno a scendere di numero.
I 5.600 prof in meno da settembre 2025 potrebbero quindi essere i primi di una lunga serie: come abbiamo già detto, la riduzione di cattedre, quindi inevitabilmente di perdenti posto, si concretizzerà “assieme al dimensionamento degli istituti, con quelli meno numerosi destinati a fondersi con gli altri che diventano scuole-madri. Soprattutto al Sud, dove il calo di iscritti risulta più vistoso”.