Immaginiamo un’aula scolastica dove gli alunni sono minacciati con bacchette di legno, derisi per il loro aspetto fisico, insultati, mortificati e denigrati.
Immaginiamo che ad insultarli e deriderli non siano però i bulli del quartiere, ma le loro maestre. Quelle a cui le famiglie li affidano per farli diventare dei cittadini.
I fatti però non sono ipotetici. Ma si sono svolti in una scuola primaria della provincia di Foggia e le prove sarebbero schiaccianti. Tanto che le maestre, quattro, sono state poste agli arresti domiciliari.
Come scriviamo in un altro articolo, le indagini dei carabinieri, durate fino a poche settimane fa, sono state avviate alla fine dello scorso anno, dopo la denuncia presentata dal padre di un alunno di quarta primaria nei confronti di una delle maestre.
Nella scuola, in realtà, segni di malessere tra i bambini erano già emersi in modo diffuso all’inizio dell’anno scolastico e avevano portato una insolita fuga di studenti verso altre scuole in paesi vicini. Dopo la denuncia, gli investigatori hanno ascoltato le testimonianze di una quindicina tra insegnanti e genitori, e poi deciso di installare una telecamera nell’aula della quarta primaria.
Le immagini hanno rivelato che, purtroppo, non era una sola maestra a maltrattare i bimbi.
L’indagine si è così allargata e altre telecamere sono state nascoste in altre classi. Gli investigatori hanno così potuto constatare che i maltrattamenti compiuti dalle maestre anche nei confronti di bimbi della seconda primaria.
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Sono molti gli episodi documentati. Ad iniziare dalle violenze fisiche: le insegnanti utilizzavano aste in legno. Poi c’erano le violenze psicologiche: gli alunni venivano infatti derisi per le loro caratteristiche fisiche (un bimbo è stato costretto a dire “Io sono basso e bugiardo” di fronte ai propri compagni di classe) e anche costantemente mortificati: “Dai che questo lo devo sconciare un po’!”, “Io ti faccio nuovo nuovo di botte!”.
Ora, le maestre dovranno spiegare ai giudici i perché di tanta cattiveria contro i loro alunni.
Però, sin d’ora sarebbe il caso di porsi alcuni quesiti: senza le telecamere, poste dai carabinieri, si sarebbe mai scoperto che quello era il modus operandi delle maestre in classe? La presenza “fissa” delle telecamere in tutte le aule della primaria, dove gli alunni possono subire senza parlare, non potrebbe essere considerata anche come un deterrente?
Ma c’è un’ultima domanda che sorge spontanea: violenze e trattamenti da aguzzini, che andavano avanti come prassi, si svolgevano sottovoce? È possibile che nella scuola primaria pugliese, dove si perpetravano, nessun collega e nessun collaboratore scolastico avesse mai sentito nulla, visto che a denunciare il caso è stato un genitore?
Sono domande a cui, è chiaro, non c’è una risposta univoca e certa. Anche perché, lo sappiamo bene, avrebbe dei costi improponibili “registrare” oltre 200 mattine di scuola l’anno in decine di migliaia di classi sparse per il territorio.
Per non citare gli ostacoli legati alla privacy e al diritto dei docenti di svolgere il loro lavoro senza essere perennemente sotto controllo.
Di sicuro, però, anche gli alunni hanno da salvaguardare i loro diritti. Soprattutto perché non sempre il personale si mostra all’altezza della situazione.
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