Il tema della presenza degli alunni stranieri nelle nostre classi è sempre di grande attualità e ancora di più lo sta diventando in questi giorni dal momento che se ne sta parlando anche nella Commissione Cultura della Camera dove si sta esaminando la conversione in legge del decreto 71 (un articolo del provvedimento prevede specifiche risorse per le scuole con un elevato numero di alunni stranieri).
Il problema è complesso anche perché bisogna considerare che ormai molti alunni considerati “stranieri” sono di fatto nati in Italia e sono quindi “stranieri di seconda generazione” e molto spesso si sentono italiani a tutti gli effetti.
Fra il 2017 e il 2018 il Parlamento aveva messo a punto una prima bozza di legge che consentiva da riconoscere – a determinate condizioni – la cittadinanza italiana anche ai nati in Italia da cittadini non italiani. Si trattava cioè di applicare il principio dello ius soli (diritto di cittadinanza legato al luogo di nascita).
Ma poi il disegno di legge rimase fermo al Senato e non venne più ripreso.
“Se noi del centro sinistra avessimo approvato lo ius soli quando eravamo al governo – ha dichiarato di recente l’on. Alessandra Moretti (PD) ai nostri microfoni – oggi non determineremmo nei bambini che nascono in Italia da genitori stranieri quel senso di rifiuto che vivono oggi”.
Prosegue l’eurodeputata PD: “Io penso che innanzitutto vada fatta una netta distinzione fra i bambini nati in Italia (gli stranieri di seconda generazione) e i bambini che invece provengono da altri paesi e che magari hanno problemi di lingua o di cultura. C’è una differenza sostanziale. Io credo che dobbiamo mettere le scuole e gli insegnanti nelle migliori condizioni per poter integrare questi ragazzini in modo che non si sentano mai ghettizzati o isolati”.
E, a proposito del ruolo che l’Europa potrebbe giocare in quest’ambito, Alessandra Moretti sostiene che l’Unione europea può dare delle linee di indirizzo promuovendo politiche contro ogni forma di discriminazione culturale ma potrebbe anche favorire la diffusione della normativa sullo ius soli”.
E conclude: “Potrebbe cioè favorire un principio per cui i bambini nati nei Paesi europei da genitori stranieri vengano comunque considerati bambini europei, con cittadinanza europea piena che dia loro tutti i diritti sin dall’inizio e non li faccia sentire rifiutati dalla società”.
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