L’obiettivo è quello di studiare una riforma seria. È un tema già posto da Berlinguer, firmato da Ciampi, riproposto da Gelmini. Non è un tema propagandistico come è stato scioccamente detto, è un tema serio da affrontare con serietà. Non ci stiamo lavorando dalla scorsa settimana”. A sostenerlo, parlando dell’esigenza di ridurre il numero di stranieri per classe, è stato il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, a margine del congresso nazionale dell’Anp in corso a Roma.
Il titolare del Mim ha dato l’impressione di volere quindi prendere le distanze dall’introduzione del 20% di limite massimo di alunni non italiani in ogni classe prospettato dal vicepremier Matteo Salvini. “Si tratta – ha detto Valditara – non tanto di fissare tetti rigidi, quanto di realizzare l’obiettivo di garantire una vera inclusione, evitare le classi ghetto, evitare che i ragazzi che non conoscono una sola parola d’italiano siano tutti insieme in maggioranza in una scuola. In questo modo non si fa loro del bene e neanche ai pochi italiani che rimangono in quella classe”.
Valditara ha quindi tenuto a dire che “un ragazzo nato in Italia che conosce l’italiano ha una situazione profondamente diversa rispetto a un ragazzo appena arrivato in Italia che non conosce nemmeno buongiorno e buonasera, ciao e arrivederci. Se una classe è composta in maggioranza da ragazzi che non conoscono l’italiano diventa didatticamente difficilissimo riuscire a portare quei ragazzi a competenze elevate, pari a quelle dei ragazzi nelle altre scuole”.
Secondo Valditara “si tratta di riuscire a fare una distribuzione equilibrata e di fare corsi di potenziamento in italiano e in matematica“.
I cronisti hanno quindi chiesto al Ministro perché sono state scelte queste materie: “Perché l’indagine Invalsi – ha replicato Valditara – ci dice che i ragazzi e i bambini stranieri vanno meglio in inglese, in storia e scienze non hanno problemi gravi. Bisogna intervenire quindi dove i problemi sono gravi, intervenire per fare sì che le competenze in italiano e matematica siano parificate a quelle dei nostri ragazzi”, spiega.
Infine, il responsabile del dicastero bianco ha tenuto a sottolinerare che “la conoscenza dei valori costituzionali”, il ministro ribadisce che “il patriottismo costituzionale va insegnato a tutti i ragazzi che arrivano in Italia”.
Su una percentuale massima di studenti non italiani in ogni classe si è espresso anche il presidente nazionale dell’Anp Antonello Giannelli: parlando con i giornalisti, anche il leader del primo sindacato dei presidi ha dichiarato che “è impossibile avere una quota fissa per tutti. Dipende da quante persone di provenienza non italiana abitano in prossimità di una scuola. Se iscrivono i loro figli non si può rifiutare l’iscrizione su base relativa alla cittadinanza”.
Secondo Giannelli “questa discussione non porterà a grandi risultati. Dal punto di vista tecnico mi sento di dire che se un bambino che non parla italiano deve apprenderlo nel più breve tempo possibile” ed è quindi “scontato che debba stare in una classe dove la maggior parte parla italiano altrimenti non imparerà mai. Non credo che mai si potrà arrivare a una discriminazione basata sulla provenienza, anche perché sarebbe incostituzionale”.
Giannelli ha anche tenuto a dire che l’Anp “ha condiviso molti dei provvedimenti del ministro. È stato ricordato quello sul tutoring perché riteniamo che sia fondamentale poter accompagnare gli studenti al di là di quello che possa fare il docente durante le ore di lezione. Tra le altre iniziative che abbiamo apprezzato c’è quella per esempio” della sperimentazione sulla nuova durata delle superiori “4+2: è un percorso formativo che porta all’occupazione in breve tempo e quindi i ragazzi che escono trovano lavoro prestissimo in un settore coerente con quello che hanno studiato e non è poco”.
“L’Anp non ha mai rifiutato il dialogo con nessun ministro. Siamo una organizzazione apartitica, il colore politico che governa non ci interessa ma ci interessa il merito delle decisioni prese. Se riteniamo che siano decisioni favorevoli alla scuola e alla categoria che rappresentiamo le approviamo altrimenti le disapproviamo”, ha concluso il presidente dell’Anp.