Il sindacato Dirigentiscuola torna sul caso del dirigente di Ladispoli, sospeso dall’Usr per aver allontanato un bambino da scuola e minaccia mobilitazioni:
“Il caso Agresti è tutt’altro che chiuso. Nonostante la nostra richiesta di revocare i provvedimenti adottati nei confronti del preside della scuola di Ladispoli, l’Ufficio scolastico regionale non si è mosso. E ora, dopo un’attenta lettura degli atti siamo ancora più fermi perché si tratta di una decisione sommaria, improntata a una spaventosa superficialità, in dispregio delle minimali garanzie poste da disposizioni normative e contrattuali e con motivazioni inconsistenti”.
Secondo l’Associazione “la contestazione di addebiti si fonda esclusivamente su una ‘notizia di stampa’, e, sempre dalle notizie di stampa, ‘si è appreso’ che ha continuato a negargli l’accesso all’Istituto nonostante il decreto dell’adito TAR di immediata riammissione. “Non c’è stata alcuna verifica – sostiene il sindacato – neanche un minimo di attività istruttoria e Agresti non è stato nemmeno ascoltato”.
“La sospensione cautelare – sottolinea il presidente Attilio Fratta – è possibile solo se l’Amministrazione ritenga necessario espletare ulteriori accertamenti sui fatti addebitati (rectius: già addebitati) al dirigente: ulteriori, rispetto a quelli assunti nella (mai avvenuta) attività istruttoria o, quantomeno, preistruttoria. Citando, ma fraintendendolo, il comma 1 dell’articolo 29 del Ccnl il direttore generale dell’Usr Lazio si è inventata un’inesistente sospensione cautelare ‘fino al termine del presente procedimento disciplinare e, comunque, per un periodo non superiore a 60 giorni’. Così come si è inventata un’altrettanta inesistente ‘suddetta recidiva’, che peraltro – e sempre significata nei suoi estremi – avrebbe dovuto semmai avere collocazione nell’atto di avvio del procedimento disciplinare e contestazione di addebiti”.
Per questo il sindacato chiede “al dirigente di cancellare un autentico obbrobrio, azionando i relativi strumenti apprestati dall’ordinamento”. Contrariamente DirigentiScuola “mobiliterà la propria task-force e l’intera categoria che non può accettare passivamente veri e propri atti di aggressione dagli effetti devastanti. Anche il ministro Valditara dovrà fare le sue valutazioni: non potrà rimanere inerte di fronte a provvedimenti che fanno strame di norme, inventano sanzioni disciplinari inesistenti e altrettanto non previsti organi avverso i quali esperire il gravame confondendo atti di competenza del giudice del lavoro con quelli del giudice amministrativo”.
Non era di 17 ma di ben 21 giorni la sospensione dalle lezioni decretata da un istituto comprensivo di Ladispoli, sul litorale Nord di Roma, ad un bimbo di sei anni iperattivo: il provvedimento – preso dal Consiglio di istituto e comunicato alla famiglia il 26 febbraio scorso via pec a seguito degli accertati “comportamenti” reputati non idonei per la comunità scolastica – era stato successivamente annullato dal Tar. Solo che la scuola lo scorso 1° marzo non ne ha tenuto conto (non essendo ancora venuta in possesso dalla decisione del tribunale), per poi accoglierlo la settimana successiva, il 7 marzo, dopo che i genitori si erano rivolti al ministro Giuseppe Valditara, che si è subito detto colpito dalla vicenda.
Dopo essere rientrato a scuola per ordine del TAR Lazio, però, il bambino è stato di nuovo allontanato.
Come riporta la pagina romana del Corriere della Sera del 9 marzo, la sua permanenza in classe è durata un paio di ore perché a metà mattina la scuola ha telefonato alla famiglia dicendo: “Non sappiamo come gestire la situazione, venite a riprenderlo”.
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