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Alunno sardo rompe la tavoletta del wc e il preside gliela appende al collo: condannato

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Rompere la tavoletta di un water della scuola non può comportare una punizione di valenza di derisione e di gratuita offesa“: a stabilirlo, con la sentenza 46962, è stata la Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso di un dirigente scolastico di Cagliari, già condannato in primo e secondo grado, per aver appeso al collo di un alunno di soli sette anni la tavoletta del wc appena rotta dall’alunno.
Il dirigente si era difeso sostenendo che nella sua imposizione educativa non era stata adottata alcuna valenza offensiva e che era stata prescelta solo a scopo educativo e comunque non alla presenza della scolaresca. La singolare punizione era stata infatti vista solo dal maestro e da due bidelli.
Per i giudici però l’istruzione di un bambino non può in nessun caso passare attraverso la messa in atto di punizioni umilianti. È ciò che ha sempre sostenuto anche la famiglia dell’alunno, la quale appresi i fatti non aveva esitato a denunciare il capo d’istituto per ingiuria nei confronti del bambino. Salvo tornare sui propri passi nell’ottobre scorso, a pochi giorni dalla sentenza di ultimo grado.
La Cassazione non ha tenuto tuttavia conto di questo fatto: pur riferendosi ad un reato estinto per remissione della querela, la Suprema Corte ha comunque voluto fare riferimento all’applicazione del reato di ingiuria (art. 594 c.p.), che ha risvolti negativi sulla vittima anche di carattere psicologico. Sottolineando anche che se i genitori dell’alunno non avessero ritirato la denuncia il dirigente scolastico sarebbe stato scuramente condannato.