La somministrazione delle nozioni, l’incitazione a perseguire le proprie ambizioni secondo le abilità e le attitudini risultano essere, sotto il profilo pedagogico, i grandi fini – o missioni – della didattica. Come sosterrebbe Puliga, questa deve essere sostenibile, innovativa ed in costante evoluzione, con attinenza all’innovazione tecnologica, alle nuove esigenze di una generazione martoriata da crisi e pandemia ed alle nuove frontiere raggiunte dalle discipline, in fase di sviluppo continuo. La tecnologia, come è già noto, offre dei tools – strumenti, supporti – utilissimi alla didattica e già in utilizzo: lavagne interattive multimediali, banche dati, programmi e software utili ad allestire prove, condurre ricerche e svolgere traduzioni per le lingue classiche e moderne. Nonostante tali strumenti, purtroppo, il Belpaese si posiziona al 20esimo posto, secondo il Rapporto Desi 2021, su 27 Paesi europei per diffusione della tecnologia e delle competenze digitali a scuola.
Tre sono le principali problematiche nell’utilizzo della tecnologia in sede didattica: l’assenza di fondi ed un allestimento rigoroso di ambienti e laboratori, una scarsa se non inesistente formazione riservata ai docenti, che debbono provvedere in via autonoma e privata a seguire corsi dedicati, e la totale inesistenza di banche dati utili alla preparazione di esercizi e prove. Queste, di fatto, sono sostituite dalle già arcinote estensioni digitali, poco sponsorizzate e dunque utilizzate.
Per le LIM, nonostante gli applicativi ivi installati siano open source e dunque modificabili con il contributo di chiunque, i file generati spesso non sono compatibili con altri apparecchi e dunque condivisibili per via di estensioni obsolete o specifiche. In termini di abilità digitali ANSA menziona che solo il 42% delle persone fra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base (invio e-mail, ricerca informazioni in rete, utilizzo dei social networks), contro il 56% in Europa, e solo il 22% possiede competenze digitali più avanzate (risoluzione dei problemi e programmazione di base), contro il 31% in Europa.
Il fine dell’iniziativa è quello di stimolare studenti e docenti nell’allestimento, fornendo opinioni, suggerimenti ed obiezioni, di applicativi utili alla didattica da diffondere per aggiornare e stimolare lezioni, programmi e progetti in seno ad una didattica tradizionale. “Ben 416 squadre allestite da tutto il Belpaese ci hanno inviato la loro idea di app – spiega Federica Leotta, Head of Education and Employer Branding di WeSchool – Questo dimostra che il nostro supporto costante ai docenti ha avuto un impatto diretto sugli studenti, che si sono sentiti coinvolti e motivati nella sfida”.
“Il progetto AWS GetIT ha dimostrato che la tecnologia può davvero aiutare le scuole e le comunità – ha aggiunto Cecile Bonnet, AWS GetIT Global Leader – Ci teniamo che i più giovani siano consapevoli delle enormi possibilità che l’industria tecnologica offre oggi, e ci impegniamo per incoraggiare gli studenti a essere più sicuri di sé e superare gli stereotipi di genere”. Le app non solo mirano a stimolare nuove forme e metodologie didattiche per i docenti, ma anche a risolvere i gap formativi che caratterizzano il nostro paese.
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