Didattica

Amleto in classe, come e perché portare il teatro a scuola

Portare il teatro a scuola, traendo ispirazione da un classico della letteratura: Amleto. Questa la proposta didattica che arriva da Pierpaolo Rosati (docente, preside, ispettore, uomo di scuola), per lavorare sulle competenze linguistiche, relazionali, espressive, creative, e non solo.

A disposizione delle scuole, la pièce di Shakespeare reinterpretata dallo stesso Pierpaolo Rosati, introdotta dalle ragioni pedagogico-didattiche alla base del progetto. Un lavoro immediatamente spendibile in classe, anche nell’ambito del Piano scuola d’estate, che per i mesi di luglio e agosto prevede, tra le varie attività, anche i laboratori teatrali.

AMLETO_la pièce, di Pierpaolo Rosati

A seguire le considerazioni dell’autore…

Che l’Amleto sia un capolavoro, degno dell’UNESCO in quanto… “Patrimonio dell’Umanità”, non ci piove. Ma che il suo protagonista abbia il diritto di entrare – come fosse un iscritto – nella IV Classe di un comune I.I.S.S., è cosa da dimostrare.

Oddio, non ci vorrà molto, perché – nelle sezioni in cui si studia Inglese (non solo commerciale o tecnologico) – Shakespeare, in IV, è obbligatorio. Chi piuttosto fa concorrenza ad Amleto sono i suoi parenti stretti: La Tempesta, per il rapporto padre/figlio, Il mercante di Venezia per le origini remote dell’antisemitismo, Giulio Cesare per il discorso di Antonio e per il tema del “cesarismo”…

A fronte di tali possibili attualizzazioni, proprio l’Amleto ha sofferto di vari luoghi comuni, di citazioni troppo facili e della cattiva fama di una tragedia consunta dall’uso e/o troppo psicologica.

Non è mancata, inoltre, a carico del nostro dramma, una voce di discredito, espressa in certi ambienti politicamente minoritari, ma culturalmente influenti, secondo i quali l’Amleto – proprio in quanto tragedia psicologica – era solo un “dramma borghese”, ciò che all’epoca (nei primi decenni del II dopoguerra), equivaleva ad un’irrimediabile censura.

La Storia ha poi restituito il debito contratto con il “Principe di Danimarca”, senza però pagarne gli interessi. Fu così che in Italia si rese necessario l’escavo tutto emotivo di Carmelo Bene perché la tragedia potesse essere sdoganata “a sinistra”. Nondimeno, quella di Bene restò un’operazione da e per gli intellettuali, che ancora non apriva alla gente comune.

Ora si tratta di rimetterla in corsa, partendo dai banchi di Scuola, con nuovi strumenti interpretativi, nuovi entusiasmi e nuove forze da schierare. Ora, tocca agli Studenti, seguiti dai loro avveduti Professori. Quel che qui proponiamo è un’alleanza, non una tregua o una pausa ricreativa, ma una sfida, un progetto, un compito che possa rappresentare occasione di riscatto per i deboli o gratificazione per le eccellenze che nella Scuola non mancano e che perciò meritano di essere premiate … sul palcoscenico.

E l’Amleto ne sia causa. Lo scrivente è il primo a crederci. Le sue ricerche sul tema risalgono al 1973 ma, negli ultimi anni, si sono consolidate, anche in campo musicale. Di fatti, il testo in prosa-ritmata che oggi presenta farà da Libretto ad un’Opera lirica scritta da Elda Schiesari, compositrice di scuola veneziana.

In ultimo, chi scrive desidera far cenno alla sua interpretazione, perché tutto risulti trasparente. Muovendo da una puntuale analisi del testo e da una dispersa pagina di Gramsci, egli rimarca l’evoluzione di Amleto tesa a superare il dubbio per votarsi ad una prassi tutta terrena, ispirata da una nuova certezza (la valenza educativa della Storia contemporanea): la stessa che coinvolge, e insieme travolge, la vita dell’eroe.

Redazione

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