In questi giorni si discute molto del caso della studentessa del liceo Da Vinci di Trento ammessa alla maturità dal Tar nonostante cinque insufficienze e poi bocciata dopo aver svolto le prove dalla propria commissione d’esame. Il caso sta tenendo banco anche perché un docente della scuola ha scritto Valditara una lettera di denuncia, inviata anche alla Tecnica della Scuola, per lo stato in cui versa la figura dell’insegnante, firmata da altri 100 colleghi, per protestare contro le inferenze dei tribunali amministrativi e dei ricorsi dei genitori sulla didattica.
Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, a La Stampa, ha risposto al docente in questione. Ecco le sue parole: “Finalmente una parte della società, con un suo forte ‘non ci sto’, pone al centro della attenzione quelli che ritengo siano i temi della responsabilità e della autorità. Al di là del caso specifico, la lettera mette in rilievo come sia sempre più diffusa la prassi di contestare le decisioni della autorità scolastica, siano a farlo genitori o studenti. Si arriva poi ai casi, per fortuna estremi, di genitori che, contestando le decisioni del docente, aggrediscono fisicamente o verbalmente l’insegnante medesimo”.
“Accanto a questo mancato riconoscimento della autorità, vi è la fuga dalla responsabilità. È un fenomeno assai diffuso, che coinvolge non solo la scuola, ma l’intera società italiana. Vi è l’affermazione di una cultura dei diritti a cui non corrisponde una cultura dei doveri: i diritti sono sempre i propri, i doveri quelli altrui. La scuola da sola non può essere decisiva, se la cultura collettiva va in direzione opposta e se questa direzione non trova una opposizione forte anche nella giurisprudenza. Ma certamente la scuola può e deve dare un contributo importante per iniziare una svolta valoriale nella nostra società. Come può farlo? Innanzitutto con la cultura dell’esempio. La scuola, e insieme con essa i media, devono tornare a narrare esempi virtuosi, che si impongano come riferimento per i giovani”.
“Il senso di responsabilità si stimola anche avendo il ‘coraggio’ di fare ciò che nel caso della scuola di Trento i docenti hanno saputo fare: rifiutare la logica della promozione facile, rifiutare cioè la logica iniziata a suo tempo con il 6 politico. La responsabilità presuppone impegno, senza impegno la promozione non va concessa. E qui viene in gioco la giurisprudenza che deve aiutare ad affermare sempre questi due principi di autorità e di responsabilità. La lettera dei 110 professori esprime frustrazione e disagio verso una giurisprudenza che in alcuni casi delegittimerebbe la autorevolezza stessa del docente. Il voto di profitto e a maggior ragione la bocciatura non sono che uno strumento per misurare il livello di raggiungimento degli obiettivi di competenza, conoscenza e maturazione da parte dello studente”.
“Solo gli insegnanti possono dunque avere la responsabilità di valutare l’allievo per i risultati raggiunti nel processo di apprendimento e crescita. È incongruo che chi non è dotato della formazione adeguata nell’approccio pedagogico possa porre nel nulla le valutazioni di chi questa formazione la possiede ed è chiamato dalla collettività proprio a farne uso. Certamente vi possono essere situazioni limite che prescindono da una corretta procedura valutativa, e a loro volta dunque inammissibili, per cui non si può negare il diritto costituzionale ad una tutela. Ciò non deve però debordare in una sorta di giudizio sul giudizio che, in quanto tale, deve essere considerato insindacabile, anche per non privarlo della sua autorevolezza. È infatti un giudizio che si basa su quella che i giuristi definiscono ‘discrezionalità tecnica’ che, come tale, in tutti i settori del diritto, è associata ad una insindacabilità nel merito da parte del giudice e che dovrebbe essere normativamente rafforzata, proprio nell’ordinamento scolastico. Ad esempio, limitando il giudizio ai casi di dolo o di dimostrata incompatibilità o di mancato rispetto di regole procedimentali da parte dei valutatori.
In una società ove la deresponsabilizzazione della persona avanza a passi frenetici, occorre che l’intera classe dirigente del Paese assuma la consapevolezza che è necessario, proprio nella scuola e intorno alla scuola, un cambio di prospettiva, avendo come obiettivo primario quello di ridare autorevolezza e rispetto alla figura del docente”, ha concluso.
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