A riportarlo il Sole24 Ore che apre col “via libera al ‘vaffa’ al capufficio una tantum”. Lo sancisce la Cassazione, sottolineando come l’offesa al superiore gerarchico, se resta circoscritta ad un episodio e non dà adito ad altre contrapposizioni nel tempo (e una tantum significa appunto una sola volta), non può essere sanzionata con il licenziamento. Togliersi un sassolino col superiore per una volta non “compromette il rapporto fiduciario con l’azienda” e quindi per estensione anche con la scuola e i docenti che se almeno una volta nella loro carriera scolastica mandano a vaffa il loro preside la dovrebbero passare liscia.
Il problema è sapere se tale sentenza si possa estendere anche ai ragazzi che, se mandano a vaffa il loro professore, siano passibili o meno di sanzioni.
Il Sole aggiunge poi le motivazioni che hanno portato alla sentenza
La lite giudiziaria – ricostruisce la sentenza 10426/2012 – era scaturita soprattutto dal fatto che l’offesa aveva urtato il capufficio in quanto donna. Ne era seguito il licenziamento disciplinare il 21 ottobre 2005 poi annullato dal Tribunale di Chieti il 18 marzo 2009 alla luce del fatto che l’offesa era stata episodica. Inutile il ricorso dell’azienda in Cassazione volto a riottenere l’allontanamento del dipendente per la sua condotta “gravemente ingiuriosa e intimidatoria al superiore gerarchico donna deriso e apostrofato”.
Piazza Cavour ha respinto il ricorso dell’azienda e ha sottolineato che la motivazione della Corte d’appello dell’Aquila “appare congrua e logicamente coerente e supportata da precisi ed univoci riferimenti alle risultanze processuali che hanno consentito di ridimensionare la gravitò dei fatti e di circoscrivere l’episodio che, sia pure censurabile, non dimostra la volontà” del dipendente “di sottrarsi alla disciplina aziendale e di insubordinarsi, essendo rimasto nei limiti di una intemperanza verbale”. Ancorché “stigmatizzabile”, ma non meritevole di licenziamento. L’azienda dovrà anche rifondere l’avvocato del dipendente con 2.500 euro.