Categorie: Estero

Anche all’estero il velo è motivo di discordia

Malgrado la discussa sentenza di un anno e mezzo fa, attraverso cui la Corte dei diritti dell’Uomo ha stabilito che il principio della laicità di un istituto scolastico può giustificare l’espulsione degli studenti che palesano con eccessiva evidenza la propria religione, continuano a fare scalpore le drastiche decisioni che limitano la libertà di culto. In Italia, dove le stesse istituzioni remano insistentemente in questa direzione, come all’estero. In Kosovo, ad esempio, a due anni dalla dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado, l’opinione pubblica è stata nei giorni scorsi assorbita dal caso di una diciasettenne di fede musulmana, Arjeta Halimi, a cui dallo scorso gennaio venne impedito di recarsi in classe perchè si ostinava ad indossare il velo islamico. “Gli agenti della sicurezza mi hanno detto che non potevo entrare nell’edificio (scolastico) con il mio foulard“, ha spiegato Arjeta che da allora, in difesa della sua libertà di culto, non si reca più a scuola, ma alterna gli studi in casa a quelli del Corano in moschea. Arjeta, che sosterrà da privatista l’esame di fine anno, ha assicurato anche che il velo “è parte della mia identità“, diversamente dalle sue quattro sorelle che non lo indossano, in linea con la maggioranza delle donne kosovare di fede musulmana.
I responsabili dell’istituto scolastico hanno spiegato, però, che non sono dei despoti: “non le abbiamo rifiutato il diritto allo studio poiché può comunque sostenere gli esami“, ha ribattuto Fehri Qerimi, direttore del liceo di Vitina, piccola città a est del Kosovo dove Arjeta vive con la sua famiglia. Il dirigente scolastico ha però difeso il divieto del velo, in virtù della natura secolare dello stato kosovaro: “non facciamo che rispettare la nostra Costituzione” ha spiegato. Al contrario “si tratta di un abuso grave dei diritti dell’uomo. Il velo non è un simbolo, ma un obbligo per i credenti“, ha ribattuto Fehim Abazi, l’imam locale.
Sulla questione il Kosovo si è praticamente spaccato, anche perché rimane uno stato a forte maggioranza musulmana. Secondo il sociologo Fadil Maloku, l’insistenza dei costituenti nell’affermare la neutralità religiosa si spiega con l’intento “di prevenire ogni accusa che il Paese volesse stabilire uno stato islamico“.
Un caso simile si è verificato in Spagna: la scorsa settimana una studentessa 16enne di origini marocchine, Najwa Malha, dopo essere stata sospesa dall’istituto Camilo José Cela di Pozuelo de Alarcon di Madrid e respinta anche in un altro limitrofo (il San Juan de la Cruz) perché indossava il velo, ha deciso di disertare anche un terzo istituto dove gli era stato concesso di frequentare le lezioni anche con il volto coperto. La notizia è divenuta pubblica quando, per protestare contro ferreo il regolamento d’istituto, un gruppo di compagne di Najwa si erano presentate sul cancello di scuola con il velo pur non indossandolo abitualmente. Della vicenda si è occupato anche il ministero dell’Istruzione spagnolo: il responsabile, Angel Gabilondo, ha detto che la presenza a scuola di Najwa deve essere prioritaria: “non dobbiamo – ha sottolineato – brandire le nostre differenze sulla testa di nessuno studente“. I fatti hanno tuttavia sinora dimostrato il contrario.
Alessandro Giuliani

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