I lettori ci scrivono

Anche i docenti fuori sede meritano attenzione

Signora Ministra lo sa…?

La scuola è una delle macchine più farraginose che si conosca.
E’ tutto molto complicato: graduatorie provinciali, graduatorie d’istituto suddivise in fasce, graduatorie di differenti concorsi, assegnazioni provvisorie e temporanee, distacchi e chi più ne ha ne metta.
Il mondo scolastico è complicato e complesso e il suo linguaggio, lungi dall’essere semplice e univoco, è fuorviante e non sempre corrisponde alla chiarezza giuridica di cui si dota. E’ talmente complicato governare la scuola di oggi che, spesso, è una scommessa persa in partenza. Tutti vorrebbero renderla migliore, moderna, legare il proprio nome a qualche riforma illuminata.
Di  per sé questo non è un male, ma quando si perde di vista la realtà di chi la scuola la fa allora si rischia di svuotarla di senso. La “liquidità” sociale, politica e culturale del nostro tempo l’attraversa in tutti i suoi ambiti: da quelli educativo-didattici a quelli metodologico-organizzativi.
Pur tuttavia, è sempre viva e pronta a corrispondere ai bisogni di tutti, anche dei più fragili; pronta a cogliere le incertezze e la sfida della complessità  e della diversità. Questo certamente non avviene per inerzia intellettuale, ma per la forza dei suoi protagonisti: gli insegnanti che, spesso, sono stati bistrattati, offesi,  ingiuriati e, in qualche caso, addirittura picchiati e dimenticati. Sì, molti sono stati dimenticati.
Sono quelli che da decenni, così come recitano le Indicazioni Nazionali, contribuiscono a sviluppare le conoscenze e le abilità fondamentali, nella prospettiva del pieno sviluppo della persona umana.
Dimenticati! Costretti a centinaia di chilometri lontani dai loro affetti più cari, Vittime di algoritmi impazziti, di falsa mobilità straordinaria, di leggi confusionarie e di  supposte precedenze. A questi insegnanti, ormai, da troppo tempo viene negata la possibilità di dare ordine e serenità alla propria vita.
A molti di loro è stato impedito di accompagnare nella crescita i propri figli, sacrificandoli alla scuola stessa.
Signora Ministra lei questo lo sa? Siamo in tanti, tantissimi, da decenni fuori sede. Noi siamo quelli ante 2014 che dovevano essere trasferiti a seguito di quella famigerata mobilità straordinaria del 2016 salvo, però, cambiare rotta all’ultimo momento.
Lei ricorderà certamente, la sentenza della Corte  di Giustizia Europea sui precari della scuola italiana. Per certi versi fu una sentenza dura, dato che obbligava l’Italia a immettere in ruolo migliaia di docenti precari e si scelse di farlo attraverso una graduatoria che aveva perso la sua efficacia giuridica. Intanto, per dare  seguito alla sentenza si accantonarono, con una certa discrezionalità legislativa, quei posti che sarebbero spettati di diritto alla nostra mobilità.
Fu un gesto che cancellò definitivamente il merito, l’anzianità di servizio e  determinò conseguenze non condivisibili: chi aveva meno punti  scavalcava docenti con più punti. Quella conclusione scriteriata si porta dietro, ancora oggi, uno sciame di ricorsi senza fine.
Di tutto questo Signora Ministra nessuno ne parla, non conviene. Siamo diventati, ormai,  vittime di una questione squisitamente politica.  A chi importa, infatti, se un docente viene trasferito se non al docente stesso? Di certo, la notizia di un docente trasferito non ha alcuna rilevanza. Nessun giornale o telegiornale ne dà notizia.
Se invece si tratta di immissione in ruolo, la  notizia viene riportata per giorni e giorni  da tutti i mass media. Ora, qui non si vuole negare un’azione giuridico-lavorativa così importante, quanto il modo e la tempistica in cui avviene.
Infatti, il CCNL esplicita chiaramente che il primo movimento è la mobilità su tutti i posti disponibili e vacanti e, solo dopo, procedere alle immissioni in ruolo.
Ad oggi questo principio è disatteso e non è del tutto chiaro, dato che centinaia di posti in tutte le regioni del sud verranno accantonati per le immissioni in ruolo. A questa criticabile  azione quest’anno, come se non bastasse, si aggiunge anche la scelta scellerata di assegnare solo il 30% dei posti alla mobilità interprovinciale e il 20% ai passaggi di ruolo. Allora a cosa serve Signora Ministra la mobilità? Che senso ha la compilazione di migliaia di domande se poi, di fatto, la mobilità stessa non esiste. Perché impegnare persone e sistemi informatici per qualche posto! Oggi dentro a questa triste realtà si consuma un’altra tragedia che non è il mancato trasferimento, ma il ricorso all’impugnazione di atti, riponendo le proprie speranze nella giustizia amministrativa di un  Giudice del Lavoro. E’ paradossale che per il riconoscimento di un diritto dovuto bisogna  affidarsi ad avvocati, più o meno preparati, con grave e grande dispendio economico. Un tempo non si trovava un avvocato esperto in legislazione scolastica neanche a pagarlo lautamente, oggi siamo circondati da schiere di avvocati esperti in diritto scolastico e diritto del lavoro. Purtroppo, non tutti possiamo permetterci di pagare un avvocato la cui parcella è diventata alquanto esosa. Ecco Signora Ministra io e tutti i colleghi fuori sede, che in questo momento mi pregio di rappresentare, la invitiamo con forza a farsi umanamente carico di questo dramma, a legare il suo nome al riscatto di questo diritto che altri prima di lei ci hanno negato cancellandoci.

Giovanna Vaianella

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