I lettori ci scrivono

Anche i precari meritano rispetto

Scrivo con la piena consapevolezza che probabilmente questa mia lettera rimarrà inascoltata, forse nemmeno presa in considerazione, in mezzo ad una miriade di altre riflessioni simili. Ma mi sentivo ugualmente di esprimere la mia personalissima, criticabile e semplice opinione rispetto a molte delle cose che ci riguardano e che quotidianamente condiscono le nostre giornate.

Sono un docente precario della scuola secondaria di primo grado. Lo sono da 4 anni e mezzo. Ho iniziato a lavorare nel mondo della scuola quasi per caso, con un giorno o due di supplenza tramite una messa a disposizione, per poi iscrivermi in terza fascia nel 2017.
Ho iniziato ad essere chiamato per supplenze di 10-15 giorni, fino ad ottenere interi anni scolastici di cattedra. Sono stato letteralmente buttato in questo mondo, senza avere la minima idea di come funzionasse. Era tutto nuovo per me: l’interazione con i ragazzi, l’insegnamento, la materia stessa.
Mi sentivo inadeguato, ed ho iniziato a formarmi. Ho ripreso in mano libri delle superiori e dell’Unversità, ho letteralmente inondato di domande i colleghi più anziani e più esperti di me, ho cominciato a partecipare a corsi di formazione, su tutto ciò che concerne il mondo della scuola: pedagogia, didattica, sicurezza, relazioni, etc.
Nel 2017, ovviamente a mie spese, mi sono iscritto ad un percorso universitario per conseguire i 24 CFU. E non mi sono mai fermato, ho sempre continuato a formarmi, a mie spese, su tutto ciò che ritenevo necessario, o semplicemente utile.
Ho ricoperto diverse posizioni all’interno delle scuole dove ho prestato servizio, posizioni che spesso i colleghi di ruolo, generalmente più anziani, non volevano assumere.
Sono quindi stato trattato in tutto e per tutto come un Insegnante con la I maiuscola, con gli stessi doveri, ma non gli stessi diritti, perché, ad esempio, non ho mai avuto nessun bonus per la mia formazione o per l’acquisto di materiale, anche se a scopo didattico.

Penso di aver acquisito, nel corso di questi anni, una certa professionalità, e svolgo il mio lavoro con passione ed impegno, consapevole dell’importante ruolo che ciò comporta. Non mi sento un “precario storico” della scuola, se confronto i miei anni di servizio con i 10-15 di alcuni colleghi, ancora costretti al precariato.
In questi 3 mesi, mi sono messo in gioco, cercando di acquisire competenze necessarie per portare avanti la Didattica a Distanza, con l’obiettivo principale di continuare ad accompagnare i ragazzi nel loro processo di formazione, per non lasciarli soli.  Ho dato loro la mia mail, il mio numero di telefono personale, cercando di venire incontro alle loro esigenze, rispondendo alle loro domande e cercando di rassicurarli su tutto ciò che mi veniva richiesto.
L’ho fatto assolutamente senza nessun secondo fine, senza pensare nemmeno lontanamente che qualcuno mi avrebbe dato una pacca sulle spalle o mi avrebbe fatto i complimenti, ma solamente per me e i miei studenti.

Le stesse considerazioni fatte per me si possono estendere ad altre decine di migliaia di precari che ogni giorno lavorano sodo, con  passione, empatia e portano avanti la scuola. Non saremo medici, non salviamo vite (almeno non in senso stretto), ma credo che la nostra sia una missione importante.
Quello che mi chiedo è:è giusto tutto ciò? Mi viene da pensare di no. Non è logico essere “buttati” in un mondo complesso come quello della scuola senza nessun tipo di formazione precedente, senza avere una professionalità. Ma così è.  E in tutto ciò, noi docenti ci siamo formati e continuiamo a farlo ogni giorno.

Non è possibile che dopo anni passati a fare questo lavoro, anni durante i quali siamo stati trattati come tutti gli altri insegnanti, ci si debba ora trovare costretti, tramite un “concorso”, tra l’altro a crocette, a dimostrare…. che cosa? Le nostre competenze? E se fino ad ora non le avessimo possedute? Dateci la possibilità di dimostrare il nostro valore in classe, siccome è ciò che stiamo facendo da anni, dateci la dignità e la serenità per poter affrontare al meglio il nostro percorso con i ragazzi.
Credo che, allo stato attuale delle cose, sia necessario dare un segnale forte e deciso al mondo della scuola, che sta sempre più diventando il riflesso della considerazione infima che ha l’istruzione nel nostro paese. Sembra che l’unica mezza voce ad alzarsi contro questa situazione si concentri sulla difficoltà delle famiglie a gestire i bambini senza scuola, come se quest’ultima fosse vista come un “parcheggio”.

Dietro alla scuola ci sono decine di migliaia di docenti precari, che hanno la stessa dignità di tutti gli altri lavoratori. Abbiamo diritto ad una stabilizzazione che ci permetta di dare ai ragazzi continuità didattica, e che permetta anche a noi quella stabilità che ci manca per poter svolgere il nostro lavoro senza continui stravolgimenti. In questo momento storico, ritengo sia l’unica soluzione. Poi si potrà pensare ad altro: percorsi di stabilizzazione, prove attitudinali da dover fare prima di entrare in terza fascia,…… Ma prima, per favore, pensate a noi.

I posti ci sono, non capisco proprio perché da parte di alcune forze politiche ci sia tanto accanimento contro… Ben vengano anche i concorsi ordinari per chi non ha maturato esperienza, o per chi non ha raggiunto i 36 mesi di servizio, ma non trattateci come se non meritassimo rispetto, perché i nostri sacrifici dovranno pur valere qualcosa, oppure no?

Dario Iori

 

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