I lettori ci scrivono

Anche il ballo del Qua Qua può far male alla scuola

Facendo il ballo del Qua Qua Travolta sapeva o non sapeva a cosa andava incontro? Il caso è stato creato ad arte, a tavolino, o c’era qualcosa veramente di non previsto?

Chi appartiene al mondo della scuola sa benissimo che non è questo il punto. Quello che interessa sono i messaggi veicolati attraverso il teleschermo, specialmente quando essi raggiungono 12 milioni di persone, tante quante ne ha avute in media il festival di Sanremo.

Quello che si chiedono è se vale ancora la pena di assistere a certe artificiosità, spesso di basso profilo, pur di stare al passo con i tempi. Ovvero se dissacrare miti consolidati o banalizzare fatti e valori importanti trovano sempre giustificazione nella leggerezza dell’essere. Il riferimento ovviamente non è diretto esclusivamente a questa kermesse, che pure annovera aspetti positivi. 

Ma la prendiamo come punto di riferimento per il semplice fatto che è la più seguita trasmissione nazional-popolare da alcuni anni a questa parte. I dati Auditel ci dicono che a guardare il festival sono stati prevalentemente i giovani. Gli stessi giovani che ci ritroviamo nelle nostre aule scolastiche infarinati, grazie ai mezzi di comunicazione, da altre scuole di vita e di pensiero, dove la televisione la fa appunto da padrona.
Quella stessa televisione che è passata dal Non è mai troppo tardi di Alberto Manzi, che tra il 1960 e il 1968 insegnò a leggere e a scrivere ad oltre un milione di italiani, al ballo del Qua Qua per tutti, senza alcun discrimine.

C’è stato finora un crescente spostamento dalla televisione culturale a quella dello spettacolo leggero, dal reale all’artefatto, dal dramma alla farsa, non è che non avessimo bisogno di tutto questo, sia ben chiaro, ma c’è un crescente sbilanciamento verso il futile, il trash. I programmi di approfondimento e quelli culturali ormai sono appannaggio solo dei telespettatori insonni.

La Rai è una televisione pubblica e, come tale, dovrebbe avere un’adeguata avvedutezza e non limitarsi solo all’aspetto commerciale dei programmi che propone, con un particolare riguardo su quello che veicola perché gioca un ruolo importantissimo nell’educazione delle masse, specialmente di quelle più giovani.

Banalizzare su tutto, trattare tutti alla stessa stregua, beffeggiare e far diventare il turpiloquio quasi un linguaggio corrente non è un bel messaggio da veicolare. Si deve anche capire che se è vero che il ballo del Qua Qua lo possono ballare tutti non è detto che bisogna invitare proprio tutti a farlo.

Se qualcosa poi va storto non bisogna dare la colpa sempre e solo alla scuola perché, oggi come oggi, da questo circo Barnum mediatico la scuola ne paga solo le conseguenze.

Angelo Pepe

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