Per fortuna non figurano tra i 65.000 esodati conclamati, tutti i dipendenti vicini al pensionamento che usufruendo delle vecchie regole previdenziali avevano accettato esodi incentivati ma che per effetto della riforma pensionistica Fornero-Monti hanno ora alte possibilità di rimanere, anche per diversi anni, senza stipendio e pensione.
Però c’è anche il personale della scuola tra i dipendenti che potrebbero, nel futuro prossimo, annoverarsi tra quelli privati della possibilità di avere l’assegno lavorativo o pensionistico a fine mese: a seguito sempre delle norme dell’inasprimento dei requisiti per lasciare il servizio, ma soprattutto dell’applicazione della Legge di Stabilità 2012, attraverso l’approvazione della Legge 183/11, in vigore da dicembre, è infatti previsto che il personale della pubblica amministrazione in esubero possa essere messo in mobilità all’interno della regione. Chi di questi lavoratori non potrà essere ricollocato (soprattutto chi è avanti con l’età, quindi impossibilitato per scarsità di tempo ad acquisire nuovi titoli di studio e abilitazioni all’insegnamento) potrebbe scattare la cassa integrazione di 24 mesi a stipendio ridotto, al termine dei quali – qualora non vi fosse ancora collocazione alternativa – si potrebbe arrivare anche al licenziamento.
La legge, la stessa che “allo scopo di evitare duplicazioni di competenza tra aree e profili professionali, negli istituti di scuola secondaria di secondo grado ove sono presenti insegnanti tecnico-pratici in esubero”, prevede di accantonare “un pari numero di posti di assistente tecnico”, potrebbe determinare in pratica le condizioni per lasciare senza stipendio e senza pensione (come gli esodati) tutti i docenti soprannumerari che in tanti anni non ha avuto il modo o la forza per acquisire altre abilitazioni. E ricollocarsi. L’ultima “ciambella” di salvataggio l’ha lanciata pochi giorni fa il Miur, attraverso la pubblicazione del decreto numero 7, che permetterà di riconvertirsi sostegno&mark=”>sul sostegno dopo aver seguito con profitto 400-450 ore di corsi e tirocinio. E per conoscere i primi effetti di questa politica non occorre attendere troppo tempo: qualcuno potrebbe incappare nelle maglie della mobilità coatta biennale e con stipendio ridotto già nella prossima estate.
Insomma, i tempi del Testo Unico della scuola, in base al quale era previsto che, in caso di mutamenti ordinamentali e soppressione di insegnamenti, l’amministrazione avrebbe dovuto farsi carico della ricollocazione del personale in esubero, sembrano ormai messi nel dimenticatoio.
Del fatto che il pericolo non sia solo teorico sono convinti pure i sindacati. Secondo Domenico Proietti, segretario confederale della Uil con delega alle Politiche fiscali e previdenziali, “per i prossimi 4 anni, si prevedono altri 130mila lavoratori che si troveranno senza un salario e senza una pensione”. E tra questi, seppure indirettamente, potrebbero trovarsi pure docenti e Ata. Ma non solo. Nella scuola ci sarebbero anche altre situazioni a rischio. Un mese fa, ad esempio, l’Anp aveva denunciato il pensionamento coatto da parte dell’amministrazione di qualche centinaio di dirigenti scolastici, senza però aver adeguatamente verificato che questi avessero i requisiti per riscuotere l’assegno pensionistico.
Anche l’ex ministro Cesare Damiano, oggi capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, ha chiesto che nell’incontro di mercoledì prossimo, 9 maggio, con il ministro Elsa Fornero vengano finalmente previste delle “clausole di adeguamento automatico delle risorse che siano in grado di coprire le necessità che derivano dai numeri reali dei lavoratori che sono rimasti intrappolati, cioè senza stipendio e senza pensione”. Tra questi, Damiano annovera “lavoratori in mobilità, lavoratori che si sono licenziati individualmente dalle piccole imprese, esodati da Poste, Eni e Telecom, lavoratori della scuola e persone che continuano a versare contributi volontari per il raggiungimento della pensione”.
Intanto, tornano a sorridere quei docenti dichiarati permanentemente inidonei – in Lazio, Lombardia e Piemonte – e quindi dispensati dal servizio, a cui era stata sospesa la pensione a seguito di un “bug” normativo-burocratico, derivante in particolare dalle rigide indicazioni dell’Inps-Inpdap e dalla non avvenuta registrazione da parte degli organi di controllo. Dopo aver diverse sollecitazioni, soprattutto da parte dei sindacati, il Miur ha dato disposizione, attraverso una nota del 4 maggio, Prot. n. AOOODGPER 3391, di reinserire questo personale “nel posto su cui era stato precedentemente utilizzato (biblioteca, segreteria scolastica, ecc), revocando la dispensa già disposta e riattivando la partita di spesa fissa per il pagamento dello stipendio”. Il tutto in attesa che si comprenda se per gli stessi dipendenti, ormai ex docenti, si avrà ancora “la possibilità o meno di disporne la dispensa anche dopo l’entrata in vigore del DPR n. 171/2011”.