Non solo a scuola, ma anche all’università prende piede il dress code, cioè l’adeguamento a un abbigliamento adeguato all’ambiente universitario: no a pantaloni strappati, minigonne, bermuda e infradito in ateneo, per lo meno per chi frequenta Economia aziendale, e in particolare il corso di Microeconomia.
Così come segnala l’edizione di Torino del Corriere della Sera, il decalogo, con tanto di slide proiettate in aula da parte del professore Pier Marco Ferraresi, è chiaro.
“Sia all’esame, sia alla visione dei compiti, sia al ricevimento, sia a lezione, lo studente si deve presentare con i pantaloni interi, non strappati. In primavera e in estate con i pantaloni lunghi e scarpe chiuse. In caso contrario, non gli sarà consentito l’ingresso in aula o in ufficio. Equivalente decoro è ovviamente richiesto alle studentesse”
Bene precisare che le regole valgono solo per gli studenti di alcuni corsi, non è un regolamento d’Ateneo
Decalogo che fa discutere gli studenti
I ragazzi, però, non sono sembrano aver preso bene il decalogo. O almeno una parte di loro così come riporta il quotidiano. C’è chi si è fatto una risata, chi non ha protestato, altri ritengono quasi impossibile essere cacciati fuori dall’aula per un paio di jeans strappati. Infatti, per ora, non è mai accaduto. C’è chi, invece, dà ragione al docente: “In effetti almeno all’orale ci vuole un po’ di decoro, c’è chi si presenta in un modo tale da mettere in imbarazzo noi per primi”, aggiungono gli studenti del suo corso.
Gli Studenti Indipendenti, gruppo universitario, non la pensano allo stesso modo: “Per noi è un posto dove studiare, riflettere e confrontarsi, non un posto di lavoro dove ci si deve vestire in un certo modo. Qui l’atmosfera è da caserma, in giacca e cravatta o quasi. E poi chi è che decide qual è il limite del decoro?. Al decoro, all’autoritarismo e al sessismo, opporremo il nostro essere indecorosi, la nostra libertà e autodeterminazione”.