Non solo in presenza, ma anche online c’è sempre qualche bulletto che si permette di offendere il proprio docente impegnato a garantire la continuità didattica in questi giorni di emergenza e di sgomento.
Certi studenti, infatti, oltre a partecipare alle lezioni, hanno pure ricoperto di insulti e bestemmie il professore di turno, tanto che i dirigenti hanno dovuto avvisare il Miur.
Ma non solo online, anche su WhatsApp alcuni studenti ne hanno approfittato per offendere, denigrare e condividere espressioni blasfeme.
Lo leggiamo sulle pagine del Sole 24 Ore che riporta pure come tanti prof stiano pensando di interrompere la didattica on line, mentre si fa largo l’ipotesi di agire dal punto di vista legale, denunciando i fatti alle Autorità, avvisando le famiglie e il Miur.
In ogni caso, dal “punto di vista giuridico le piattaforme di videoconferenza sono luoghi aperti al pubblico. Si applica la stessa giurisprudenza consolidata in materia di social network. Gli insegnanti delle scuole pubbliche o parificate, poi, sono pubblici ufficiali.
Il risultato è che offenderli durante le lezioni on line integra il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, punito con la reclusione da sei mesi fino a tre anni.
Il reato è procedibile d’ufficio, significa che gli insegnanti o il dirigente che ne venga a conoscenza ha l’obbligo di denunciare i fatti alle autorità. Non farlo li esporrebbe addirittura al reato di cui all’articolo 361 del Codice penale, che punisce proprio l’omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale”.
Fra l’altro anche gli studenti minorenni, dai 14 anni in su, rispondono personalmente in sede penale dei fatti commessi, se sono imputabili, ovvero capaci di intendere e di volere, lo sono quasi sempre.
Dal punto di vista della responsabilità civile, a pagare i danni per i figli minorenni sono i genitori: si chiama “culpa in educando” ed è stabilita dall’art. 2048 del codice civile.
Le sanzioni per gli studenti possono andare dalla sospensione fino alla espulsione o insufficienze in condotta che possono determinare anche la bocciatura.
La legge prevede, poi, che lo studente debba essere punito per il fatto commesso e anche rieducato, con percorsi di recupero che possono prevedere anche lo svolgimento di attività riparatorie di rilevanza sociale o comunque orientate all’interesse generale della comunità scolastica.
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