Secondo la presidente della commissione istruzione dell’Anci, Associazione comuni italiani, e vice sindaca di Firenze “l’effetto panino, sebbene limitato ad alcune realtà, è in crescita con conseguenze che potrebbero minare la funzione del pasto a scuola come fondamentale momento educativo, di crescita, di aggregazione ed integrazione. Oltre a ciò, nel caso in cui i servizi mensa dovessero essere divisi tra refezione scolastica collettiva, gestita dai Comuni, e pranzo da casa, assistito dalla scuola, quegli stessi servizi saranno necessariamente più difficili da organizzare e paradossalmente anche più costosi per le famiglie”.
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“La ristorazione collettiva nella scuola – ha aggiunto la presidente – richiede un notevole impegno economico da parte dei Comuni che spendono ogni anno, per questo servizio, circa 1,25 miliardi di euro, dei quali solo una parte rientrano con la compartecipazione delle famiglie, che versano una quota in base al reddito”.
Poi “non dimentichiamo che tra i costi ci sono anche quelli relativi al pasto del personale statale della scuola, risorse che laddove reintegrate per intero dallo Stato o comunque aggiornate come Anci chiede da tempo, potrebbero essere indirizzate all’innalzamento ulteriore della qualità delle mense e all’abbattimento delle quote per gli alunni”.
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