Il tema della contrattazione di istituto continua a tenere banco nel dibattito sindacale di queste settimane, anche perché nella stragrande maggioranza delle scuole sta già prendendo avvio il confronto fra dirigenti scolastici e rappresentanze sindacali.
Ma è proprio su questo punto che si stanno presentando i primi problemi.
Soprattutto nelle scuole oggetto di dimensionamento non esistono comportamenti univoci: in qualche caso vengono convocate tutte le RSU preesistenti, in altri casi vengono invitate al tavolo le organizzazioni sindacali territoriali e in qualche situazione i dirigenti non convocano nessuno ritenendo di poter agire con atti unilaterali.
D’altronde le stesse norme non sono del tutto limpide.
Da un lato c’è il vecchio accordo quadro del 2001 (articolo 1 comma 3) secondo cui in questi casi si dovrebbero indire nuove elezioni entro 5 giorni dalla momento della decadenza delle precedenti RSU (e cioè, in questo caso, entro il 5 settembre), ma è anche altrettanto vero che per l’indizione di nuove elezioni sarebbe necessario un accordo Aran-Sindacati.
Che è esattamente quello che chiedono Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Snals e Fgu-Gilda in una lettera unitaria indirizzata all’Aran e al Ministero.
Il fatto è che se anche la procedura elettorale prendesse avvio immediatamente, ben difficilmente le nuove RSU potrebbero entrare in carica prima di gennaio/febbraio.
E allora i sindacati chiedono che Aran e Miur emanino immediatamente “una nota congiunta di indirizzo per le scuole, come valido orientamento applicativo, per consentire il corretto avvio delle contrattazioni nel corrente anno scolastico e prevenire, ove possibile l’instaurasi di un notevole contenzioso”.
Per parte sua l’Unicobas ricorda che esiste un accordo di interpretazione autentica datato febbraio 2001 e siglato dai sindacati e dall’Aran datato che prevede espressamente che in questi casi le relazione sindacali vadano intrattenute con le organizzazioni sindacali territoriali ma anche con le RSU rimaste in carica.
A tutto questo si aggiunge anche l’incertezza relativa alle materie oggetto di contrattazione. Il nodo è sempre il solito: l’articolo 6 del CCNL è pienamente valido o è stato modificato dal decreto Brunetta ?
Finora le sentenze definitive dei giudici del lavoro hanno accolto la seconda ipotesi ma i sindacati sostengono che l’accordo sul lavoro pubblico del maggio scorso ha modificato nuovamente il quadro normativo.
E’ vero, sostengono Funzione Pubblica e Mef, ma l’unica novità è che ora, su alcune materie (l’assegnazione del personale ai plessi e alle sedi e la definizione di criteri e modalità relativi alla organizzazione del lavoro) ci può essere al più l’esame congiunto e non certamente la contrattazione.
Il risultato di tutta questa confusione è che qua e là si formano o si consolidano curiose alleanze fra sigle sindacali non del tutto omogenee; come per esempio a Firenze dove i Cobas hanno sottoscritto con tutti i sindacati rappresentativi un documento in cui ribadiscono la validità dell’art. 6 del CCNL.
Ma, in questo momento, il problema più grave è un altro: a tutt’oggi non c’è nessuna certezza in merito alle risorse contrattuali perché è molto probabile che la quota di fondo di istituto destinata alla retribuzione delle funzioni strumentali venga azzerata per poter essere destinata al pagamento degli scatti stipendiali del personale di ruolo.
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