Migliaia di docenti stanno per abbandonare le cattedre.
Si tratta di un esodo di massa giustificato dalla situazione in cui è costretto a lavorare il personale della scuola pubblica italiana.
Un esodo risultante dalla combinazione tra la temporanea finestra pensionistica aperta con la “quota 100”, gli stipendi più bassi d’Europa, il caos determinato dalla buona scuola, la mancanza di volontà del governo giallo-verde di annullarla e la montante marea di adempimenti burocratici.
Lavorare per la scuola pubblica non è remunerativo ma soprattutto non concede a centinaia di migliaia di docenti, amministrativi e collaboratori scolastici, il riconoscimento dei meriti per ciò che quotidianamente fanno.
Il Ministero gestito dal leghista Bussetti a settembre dovrà coprire 120000 cattedre. Cattedre che in grandissima parte verranno assegnate a docenti precari.
Aumento dei salari, continuità didattica, eliminazione del precariato, appaiono ad oggi chimere, obiettivi irraggiungibili. A meno che non accada qualcosa, a meno che non si verifichi quel cambiamento reale che il sedicente “governo del cambiamento” non ha saputo e probabilmente mai voluto realizzare.
Il mondo dell’istruzione pubblica è in evidente difficoltà, vittima di un processo di depotenziamento che noi socialisti denunciamo da tempo. La regionalizzazione differenziata rischia di portare a termine tale processo.
Noi socialisti crediamo invece che sia determinante la difesa dell’istruzione pubblica statale. Crediamo che tale difesa possa essere l’obiettivo comune in grado di unire le forze progressiste che intendono opporsi alle politiche conservatrici dell’attuale governo.
Luca Fantò – Referente nazionale PSI scuola
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