Un caso davvero singolare e completamente diverso a quelli a cui la cronaca ci ha abituati. Come riporta Il Messaggero, dei genitori si sono rivolti al Tar per ribaltare la decisione della scuola riguardo al proprio figlio. Ma stavolta non si tratta di bocciatura.
Il bambino in questione, ci troviamo a Trento, è infatti stato ammesso alla classe successiva (si parla di scuola primaria). I genitori, stavolta, chiedono al giudice la bocciatura del proprio figlio. Ma per quale motivo? La decisione dei due coniugi è stata quella di anteporre il benessere del proprio figlio, garantendogli la possibilità di ripetere l’anno in modo più sereno dopo un periodo particolarmente difficile.
Lo studente, infatti, per problemi di salute, è stato assente dalle lezioni per lunghi periodi. Il bambino è riuscito comunque a stare al passo con i compagni, tanto da ottenere a fine anno una valutazione complessivamente positiva. I genitori hanno, però, chiesto al dirigente scolastico di annullare la decisione e di permettere al figlio di ripetere l’anno. Quest’ultimo si è rifiutato di convocare nuovamente il consiglio di classe.
Con un decreto pubblicato prima dell’avvio delle lezioni, il Tar ha accolto in via cautelare la richiesta dei genitori, fissando la discussione in sede collegiale a fine settembre.
Nonostante si tratti di una notizia in controtendenza, ciò che emerge è la continua intrusione dei genitori nelle decisioni della scuola: questi ultimi non sembrano voler accettare ciò che deliberano i docenti e la cosiddetta “moda” dei ricorsi sembra fiorire, per un motivo o per un altro.
Ha fatto discutere il caso della studentessa di Tivoli con sei insufficienze bocciata e poi ammessa alla seconda media dal Tar dopo il ricorso avanzato dai suoi genitori. Dopo il polverone che si è alzato contro questa pratica ormai comune, che provoca nei docenti un senso di delegittimazione, tanto da spingere dire la propria anche il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, a parlare sono proprio i genitori della ragazzina.
Questi, a Il Messaggero, hanno difeso la loro decisione. “Abbiamo ritenuto opportuno rivolgerci alla magistratura dopo una serie di colloqui infruttuosi tra noi e la scuola. Siamo stati insoddisfatti della risposta, con una motivazione che presentava vizi formali e sostanziali. Riteniamo che non sia stato considerato il miglioramento di un’alunna di 11 anni nel primo anno di scuola media. Nostra figlia era migliorata in 7 materie e in alcune il miglioramento non è stato reso possibile”.
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