Il governo non chiede il contributo a chi è in pensione con il sistema retributivo, portandosi emolumenti sproporzionati rispetto ai contributi versati.
A spiegarlo è il Corriere della Sera:
All’inizio dell’estate si era discusso per settimane della «staffetta generazionale », con il passaggio delle consegne da un lavoratore anziano ad uno giovane, grazie al pensionamento flessibile e al part-time. Ma non se ne è fatto nulla. Poi si era tornati a discutere del contributo di solidarietà sulle pensioni più alte.
La Corte costituzionale aveva appena bocciato la vecchia sovrattassa, spiegando che non si possono prendere di mira solo i pensionati. Un’obiezione che il governo ha provato ad aggirare destinando il gettito del contributo non direttamente alle casse dello Stato ma all’ente di previdenza per garantirne l’equilibrio. Ma anche questa ipotesi, contenuta nella bozza entrata in consiglio dei ministri, è stata scartata.
E niente da fare nemmeno per il piano B con l’idea di limare le pensioni alte calcolate con quel sistema retributivo ben più generoso rispetto al contributivo imposto ai giovani:
Una revisione che avrebbe avuto effetti importanti, come dimostrano alcune elaborazioni fatte dai tecnici e arrivate sul tavolo di più di un ministro. Un assegno lordo mensile di 7 mila euro, ricalcolato col contributivo, vale 6.100, uno da 51.200 (esiste ed è nella top ten) precipita a 27.700, quasi la metà. Una differenza che avrebbe giustificato, secondo i sostenitori dell’intervento, la richiesta di un contributo sugli assegni più alti. In realtà un intervento mirato sulle pensioni c’è, ed è lo stop all’adeguamento automatico all’inflazione per gli importi sopra i 3 mila euro lordi al mese
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