Leggendo la notizia sulla Gazzetta di Mantova del 28 agosto 2014 di Giancarlo Oliani, dove, il Preside dell’istituto alberghiero Greggiati di Poggio Rusco, ha escluso dalla sua scuola una ragazza perché autistica; ho avuto la netta sensazione che la “diversità” debba essere confinata nel ghetto della solitudine scaturita,pare, dalla inadeguatezza all’accoglimento della stessa, per non aver “gli spazi adeguati”, almeno così,il Preside, ne giustifica il diniego. Ovviamente, ne è conseguita una battaglia legale da parte dei genitori, contro la scuola in questione, con un ricorso al TAR, avverso al provvedimento di esclusione, che noi pedagogisti auspichiamo si concluda con una risoluzione favorevole per la ragazza, ciò significherebbe includere anche tutti gli altri ragazzi, che come lei vivono questo dramma.
La scuola come comunità educante deve essere in grado di offrire attività formative dove la diveristà non deve essere vista come uno stigma, ma deve essere in grado di accogliere e garantire ogni educando/a in spazi e tempi di crescita qualitativi, ciò per ogni ordine e grado! Ciò è possibile munendosi di strumenti opportuni, ma soprattutto di professionisti che sappiano guardare oltre le categorie della normalità e della diverisità, perché consapevoli, professionalmente, che ogni essere umano è diverso, perché unico e irripetibile.
Noi pedagogisti, di fronte a tali notizie, cogliamo l’amarezza, ma non restiamo indifferenti, perché consapevoli che la nostra professione ci consente di operare considerando bisogni specifici, non solo di tipo educativo, ma anche relazionale, sociale, affettivo, gestionale. Del resto è compito della pedagogia guardare oltre e specificatamente all’individualizzazione, intesa come uguaglianza e alla personalizzazione, intesa come differenza, proprio perché come già detto ognuno di noi è unico ed irripetibile. Noi siamo con questa mamma, con tutte le mamme e i padri che lottano perché i diritti dei loro figli siano riconosciuti, nella speranza che la scuola diventi luogo di accoglienza per tutti e che in ogni contesto educativo per eccellenza, come questo, del resto, la nostra professione trovi il giusto riconoscimento, perché non si tratta di spazi inadeguati, ma di educazione che non c’è.