Sono molti i genitori disperati perché i propri figli non studiano: questo è il caso di una donna di Milano, che si è sfogata a La Repubblica in merito al figlio quindicenne che va male a scuola. O meglio, non vuole andare bene a scuola da qualche tempo perché secondo lui è da perdenti.
“C’è un desiderio di non farsi notare”
“Andare bene a scuola è da sfi*ati, ci ha detto mio figlio”, queste le parole della mamma del ragazzo, il quale era brillante alle elementari. “È come se esistesse una tendenza all’omologazione verso il basso, un riallineamento verso la mediocrità, come dico io. C’è un desiderio di non farsi notare, per questo non intervengono in classe, non partecipano. Sembra quasi un rito di iniziazione, rifiutarsi di fare bene è un modo per dimostrare carattere”.
“Hanno paura di essere visti come quelli che hanno un obiettivo. Assurdo da dire, ma il successo fa paura, mentre il fallimento, è quasi una dimensione confortante. Magari, c’è difficoltà a creare interesse per le materie, ma molti insegnanti cercano di coinvolgere, motivare, stimolare lo studente. E più lo fanno, più lo studente si irrigidisce. Mio figlio me lo ha detto, se mi fanno una domanda rispondo, ma non intervengo. Non voglio mettermi in luce”.
La soluzione
La soluzione è stata una richiesta di aiuto ai professori da parte dei genitori e un supporto più ravvicinato da parte degli insegnanti per lo studente: “Dopo anni in cui nulla sembrava funzionare, in cui ho dovuto accollarmi il compito di seguirlo a casa per assicurarmi che non rimanesse troppo indietro, i professori hanno proposto un’idea: valutare al termine di ogni lezione il livello di partecipazione e comunicazione di nostro figlio”.
“La valutazione quotidiana ha agito come un rinforzo positivo. Ha iniziato a dimostrare maggior senso di responsabilità. Addirittura, è arrivato a chiedere spiegazioni delle valutazioni che non corrispondevano alla sua percezione. Ma quanti sono i ragazzi che non possono contare su questa soluzione e si perdono per strada?”, ha concluso la madre.