Dopo la Corte di Appello di Torino anche dai giudici dell’Aquila giunge la sentenza analoga che gli scatti di anzianità ai precari vanno corrisposti, applicando a tal fine il “principio di non discriminazione” sancito dalla clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE. Il quale dispone che, sempre riguardo alle condizioni d’impiego i lavoratori a tempo determinato, questi non possono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori di ruolo. I giudici di secondo grado dell’Aquila, inoltre, hanno fatto preciso riferimento alla sentenza 355/2010 della Corte di Cassazione, con la quale si è stabilito che “il giudice statale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e delle finalità della direttiva europea, onde garantire la piena effettività della direttiva stessa e conseguire il risultato perseguito da quest’ultima”.
I giudici italiani, in conclusione, non riescono a dare alcuna motivazione per giustificare il diverso trattamento stipendiale tra i supplenti e il personale di ruolo. E ciò nonostante l’intervento derogatorio del legislatore italiano rispetto alla stabilizzazione nella scuola del personale che ha svolto almeno 36 mesi di supplenze.
“La sentenza della Corte di Appello dell’Aquila rappresenta l’ennesima conferma della bontà della denuncia presentata tre anni fa dall’Anief, nata proprio per dire basta al crescente precariato della scuola. Un fenomeno tutto italiano, che negli ultimi anni per mere ragioni di risparmio pubblico è arrivato a coprire un quinto dell’organico complessivo. Un disegno poi agevolato dalla cancellazione di 160mila posti in tre anni e dai drastici piani di dimensionamento che hanno portato alla cancellazione di quasi 2mila istituti. Ma anche se gli organici si riducono, gli scatti vanno sempre pagati”
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