La sentenza del 22 febbraio scorso sul ricorso n. 1227/11 non lascia spazio ai dubbi: l’amministrazione operando in questo modo esercita una palese violazione della direttiva e della giurisprudenza comunitaria. La storia del docente precario siciliano è quella dei due colleghi risarciti con cifre analoghe pochi giorni prima: dal 2000 aveva accettato incarichi su posti disponibili e dal 2006 era stato chiamato a svolgere servizio su posti vacanti, senza alcuna ragione sostitutiva.
Motivo per cui il giudice Petrusa ha rigettato la domanda di conversione del contratto ai sensi della recente sentenza della Cassazione che, pur richiamando la legge derogatoria n. 106/11, ha dichiarato l’illegittimità delle clausole appositive del termine dei contratti in base alla cospicua giurisprudenza comunitaria in materia. Con la sentenza è stato disposto, quindi, non soltanto il pagamento degli scatti biennali di stipendio e delle mensilità estive per gli ultimi sei anni a titolo di omissione retributiva e mancata progressione economica (21.094,22 euro), oltre accessori, ma anche la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno per lucro cessante futuro (148.050 euro).
L’Anief, ha così commentato la sentenza
Il Miur è stato infine condannato alla capitalizzazione e al pagamento dei 2/3 delle spese di lite (3.135 euro). Sulla stabilizzazione la parola passa ora alla Corte di Lussemburgo, il cui giudizio ai sensi del Trattato di funzionamento dell’Europa, sarà vincolante per ogni giudice dello Stato italiano
In poco più di una settimana i rimborsi che il Miur è stato condannato a comminare ai precari, sono superiori a mezzo milione di euro. Lo Stato non può continuare a tenere la testa nella sabbia. Si ravveda e recepisca finalmente la clausola 5 della direttiva 1999/70/CE che apre alle assunzioni in ruolo per tutti i lavoratori che hanno svolto almeno 36 mesi di servizio. Altrimenti è destinato a sborsare indennizzi per centinaia di milioni di euro.
Senza mai dimenticare che sulla legge derogatoria italiana, approvata contro ogni logica, che evita la stabilizzazione dei nostri precari con oltre 36 mesi di servizio, pende sempre la spada di Damocle costituita dall’esame in corso sullo specifico da parte della Corte di Giustizia Europea.
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