Categorie: Politica scolastica

Anief boccia il piano Miur che vorrebbe raddoppiare l’orario di servizio degli insegnanti

Portare l’orario di servizio dei docenti a 36 ore, cancellare quasi mezzo milione di precari delle graduatorie d’Istituto, ridurre gli anni di scuola superiore da 5 a 4: più che un rinnovo di contratto, il milione di lavoratori della scuola sembrerebbe travolto da uno tsunami di novità peggiorative.

I contenuti della imminente legge delega, riportatati carta stampata e che il Governo avrebbe intenzione di approvare prima della pausa estiva, prevede “premi stipendiali fino al 30 per cento per i docenti impegnati in ruoli organizzativi (vicepresidi, docenti senior) o attività specializzate (lingue e informatica). In cambio il ministero chiede agli insegnanti una maggiore disponibilità: più ore a scuole per un periodo più lungo”.

“Il Miur di Giannini-Reggi chiede invece una disponibilità doppia e certa: 36 ore per tutti”. Inoltre, “con l’allargamento della disponibilità a 36 ore le supplenze saranno richieste ai docenti già in cattedra nell’istituto senza riconoscimenti economici extra. I risparmi delle ‘supplenze interne’ possono garantire investimenti nei premi ai più disponibili e nell’offerta formativa, scesa a 600 milioni e da raddoppiare”. Tra le intenzioni del Miur c’è anche quella di cancellare “subito le graduatorie d’istituto, cariche di 467 mila precari” e di rafforzare “l’ipotesi del taglio di un anno alle scuole superiori”.

Premesso che non è ancora chiaro se l’aumento delle ore di servizio avvenga a costo zero oppure comporti un incremento stipendiale, come logica vorrebbe, Anief reputa assurdo che si imponga al personale scolastico di lavorare di più a queste condizioni: un tale trattamento, tra l’altro deciso in modo unilaterale, allontanerebbe ancora di più l’istruzione italiana da quella europea. E incrementerebbe la già alta disoccupazione tra i giovani laureati.

“Già oggi un insegnante può dare disponibilità a svolgere fino a 6 ore in più di supplenza – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir -, oltre le quali deve necessariamente subentrare quel supplente che di punto in bianco il Miur vorrebbe ora far sparire. Ma soprattutto non si capisce perché debba essere esteso l’orario di servizio dei docenti della scuola italiana dal momento che più indagini, nazionali ed internazionali, hanno dimostrato che lavorano alla pari, se non più, dei colleghi degli altri Paesi avanzati”.

Secondo l’indagine “Education at a Glance”, che ha messo a confronto i sistemi educativi nell’ultimo decennio, negli ultimi due lustri le ore di insegnamento dei nostri insegnanti sono aumentate: da 762 a 782 alla primaria, da 681 a 704 nella secondaria di primo grado, da 608 a 658 nella secondaria di secondo grado. Complessivamente, gli insegnanti italiani lavorano 39 settimane rispetto alle 38 OCDE, 175 giorni rispetto ai 185 OCDE.

Anche l’ultimo rapporto Eurydice, del 2012, ha evidenziato che i docenti della scuola primaria italiana svolgono 770 ore complessive di insegnamento, i colleghi delle medie e delle superiori 630: anche in questo caso sono quantificazioni numeriche che pongono i nostri docenti addirittura  sopra della media Ue per quanto riguarda la scuola primaria e secondaria di secondo grado.

Sole poche settimane fa, infine, la Giunta provinciale dell’Alto Adige ha commissionato una ricerca su 5.200 docenti dei 7.400 della provincia trentina: è emerso che i docenti interpellati lavorano in media 1.643 ore annue, esattamente il doppio delle 18 ore di lezione alle superiori. La ricerca ha detto anche che i prof delle scuole superiori, con 1.677 ore annue, lavorano poco più di quelli delle medie (1.630 ore). Quelli di ruolo sono impegnati per 1.660 ore, mentre i supplenti poco meno (1.580 ore). 

Ma soprattutto, la ricerca trentina ha fatto emergere che il lavoro “oscuro”, la metà delle 1.643 ore complessive, si deve alle tante incombenze burocratiche che un insegnante italiano è chiamato quotidianamente ad assolvere: colloqui con i genitori, riunioni con i colleghi, compilazione dei registri, stesura di relazioni e programmazioni e progetti, preparazione delle lezioni, correzioni dei compiti degli alunni. Oltre che per la formazione, peraltro quasi sempre a proprie spese.

“Temiamo – dice ancora Pacifico – che il progetto del Miur sia ancora una volta quello di incrementare il Fondo di istituto attraverso delle modalità che non hanno fondamento, né da un punto di vista professionale né, tantomeno, pedagogico-formativo. In un colpo solo, poi, si vorrebbe risolvere il problema del precariato, anziché attraverso la stabilizzazione, con la sua soppressione. Come se dietro non vi fossero aspiranti docenti in carne e ossa”.

“Viene infine da chiedersi, poi, come si fa a presentare una proposta del genere, dal momento che tutti gli insegnanti hanno di fatto lo stipendio fermo dal 2009 e corroso da un’inflazione che ha corso per più di 4 punti percentuali, facendo perdere per strada uno stipendio l’anno? E con i nostri insegnanti delle superiori che a fine carriera, sempre per rimanere all’area Ocde, guadagnano il 30% in meno, pari – conclude Pacifico – a quasi 8mila euro l’anno?”.

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