La scarsità di assunzioni degli ultimi anni, con il conseguente mancato turn over, hanno fatto lievitare il numero di precari. Così oggi mentre la media nazionale del personale non di ruolo è del 20%, nella provincia di Trento la percentuale è salita in pochi anni ad oltre il 33%.
“I dati ufficiali indicano che ormai un terzo del personale docente della provincia di Trento lavora nelle scuole con contratti a tempo determinato. Dunque, nemmeno una delle province più floride del Paese riesce ad imporre la direttiva 1999/70/CE che obbliga i datori di lavoro ad assumere il personale assunto per oltre 36 mesi complessivi. Anche nelle province a statuto speciale la logica che prevale è sempre la stessa: fare cassa a tutti i costi, riducendo il tempo scuola, a danno degli alunni”.
Il futuro prossimo, tra l’altro, non promette nulla di buono: “le nuove regole locali renderanno ancora più dura la vita lavorativa dei precari: nelle superiori di Trento, ad esempio, l’introduzione generalizzata dei 50 minuti di lezione, al posto dell’ora canonica, comporterà l’obbligo di far ‘spalmare’ ad ogni docente di ruolo ben 70 ore a disposizione per le supplenze. E anche alla primaria le ore aggiuntive annuali da dedicare alle supplenze passeranno da 10 a 15. In entrambi i casi a farne le spese saranno i precari, per i quali si libereranno meno posti. Desta perplessità, infine, l’introduzione della IV fascia nelle graduatorie trentine: si tratta di un’operazione illegittima perché contraria ad una recente sentenza della Consulta che premia il voto piuttosto che la data di abilitazione”.
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