Dai primi dati, la media dei candidati che sono riusciti a superare la prova sembra attestarsi intorno al 30%. Molti candidati si sono lamentati perché numerosi quesiti a cui hanno dovuto rispondere erano troppo generici, cervellotici e non certo indicati a selezionare dei futuri insegnanti. Con il risultato che migliaia di laureati, anche con il massimo dei voti e dopo aver conseguito master e dottorati, si sono ritrovati incredibilmente esclusi.
Secondo l’ufficio studi dell’Anief siamo di fronte ad una selezione iniziale impropria: il criterio adottato dal Ministero dell’Istruzione è stato, evidentemente, quello di sfoltire il più possibile il futuro lavoro delle commissioni insediate dagli Uffici Scolastici Regionali per valutare la preparazione e le capacità degli oltre 320mila aspiranti docenti. Ponendo loro dei quesiti più adatti ad appassionati di enigmistica che a dei futuri professionisti dell’insegnamento. Ma anche scegliendo di collocare la soglia minima per passare alle prove selettive a 35/ 50: una soglia che va ben oltre, in proporzione, ai 6/10 previsti dal Decreto Legislativo 297/94 che costituisce, sino a prova contraria, il principale riferimento normativo per la selezione dei docenti nella scuola pubblica. “L’Anief ha deciso di farsi portavoce di queste contraddizioni – spiega Marcello Pacifico, presidente del giovane sindacato –, in particolare del fatto che il Miur avrebbe dovuto ridurre la soglia minima di accesso a 30/50. Tutti coloro che hanno dunque conseguito tra 30 e 34 punti non si rassegnino, perché tramite la nostra assistenza potranno rivolgersi al Tribunale amministrativo regionale e chiedere il rispetto delle norme vigenti. L’obiettivo, ovviamente, è quello di accedere direttamente alle prove disciplinari scritte, il cui calendario verrà pubblicato il prossimo 15 gennaio”.
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