Il programma dei tagli era stato evitato l’estate scorsa dai presidenti degli enti interessati, che avevano convinto il ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Francesco Profumo, a rimandarlo. Ma le esigenze di bilancio statali lo ripropongono oggi per intero: lo Stato nel corso dell’anno sovvenzionerà 1.598 milioni (compresivi della “quota premiale”, erogata dal Miur per i risultati scientifici di 139 milioni), che corrisponde alla la cifra più bassa dal 2003. Tranne l’Agenzia spaziale italiana, che conserverà i suoi 502 milioni di euro, tutti gli alti enti riceveranno meno fondi. L’Infn, ad esempio, che ha 600 ricercatori distaccati al Cern di Ginevra, riceverà 13 milioni di euro in meno: da 243 a 230 milioni. L’Ingv, che nel 2012 ha ricevuto un contributo ordinario di circa 45 milioni subirà un taglio di 1,6 milioni.
L’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale percepirà 1,2 milioni in meno su un totale di 12,4 milioni di euro. Neppure il Cnr sarà risparmiato, con 25 milioni di euro sottratti, che sanciranno il licenziamento di 2.500 tra ricercatori, precari e dottorandi. Se a ciò aggiungiamo l’abbandono degli atenei (con il numero dei nostri laureati ampiamente al di sotto della media Ocse, visto che occupiamo il 34mo posto su 36 Paesi) e la riduzione del 92% fino al 2016 delle borse di studio degli studenti, aggiungere ulteriori dati diventa superfluo. Anzi, ve ne è uno su cui vale la pena soffermarsi. Tutto ciò avviene proprio mentre la Ragioneria generale dello Stato fa sapere che nell’Unione Europea nel 2011 l’Italia si è classificata solo al 24° posto per investimenti sulla scuola e sulla formazione: a fronte di una spesa del 49,9% del Pil, la sesta dell’Ue, solo il 4,2% è andato alla scuola, contro una media europea del 5,3%. Non va meglio per le attività culturali: spendiamo lo 0,6%, mentre nell’Europa a 27 si viaggia attorno all’1,1%.
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