Ricorre oggi, 2 settembre, l’anniversario della nascita di Giovanni Verga, 2 settembre 1840, avvenuta a Vizzini, in provincia di Catania dove morì il 27 gennaio 1922 e dove pure è sepolto, presso il cimitero monumentale. Sempre a Catania è stata istituita “La casa Museo Giovanni Verga”, in via Sant’Anna n°8, dove visse la sua prima infanzia e da dove emigrò per inseguire la sua avventura letteraria che lo porterà a essere ritenuto fra i maggiori scrittori italiani e il massimo esponente di quel grande fenomeno ottocentesco che fu il Verismo italiano.
Non volendoci dilungare sulla poetica di questo straordinario scrittore, tappa fondamentale nei programmi delle nostre scuole, vorremmo segnalare che l’uomo Verga, con tutte le sue sfaccettature, anche quelle più nascoste, si possono ritracciare nelle “Lettera a Dina”: 521 lettere d’amore e di altro pubblicate per la prima volta nel 1962, mentre nel 1966 nella sua abitazione di Catania furono ritrovati in un vecchio armadio più di 400 negativi fotografici che negli anni successivi, parte, quelli non corrotti dal tempo, vennero stampati e poi portati nelle scuole per fare conoscere agli alunni quest’altra passione dello scrittore siciliano.
Anche in quel caso la critica si divise fra chi pensava che la fotografia fosse una sorta di modello per la scrittura di Verga, e chi vedeva la fotografia separata dalla scrittura, come se la grandezza dei capolavori potesse in qualche modo essere sminuita dall’ispirazione di un’arte ritenuta “minore” come la fotografia.
In ogni caso, anche grazie a queste pubblicazioni, si è potuto avere di Verga un’immagine più umana, più casalinga, domestica, familiare.
Quello che tuttavia risalta, sia nelle Lettere a Dina e sia nel suo Archivio fotografico, è la sua formazione, diciamo così, contadina, la sua educazione improntata su quella civiltà che ancora persiste presso molto parte della Sicilia e che rispecchia tanto il personaggio di uno dei suoi massimi capolavori: “Mastro don Gesualdo”.
Ma nelle lettere, di cui consigliamo la lettura nelle scuole, si scorgono pure altre particolarità dell’uomo Verga, compresi degli svarioni ortografici che non immaginavamo. E risalta pure quell’attaccamento alla “roba” che giustifica persino la lite che ebbe, per l’attribuzione dei diritti d’autore, con Pietro Mascagni dopo il successo ottenuto in tutti i teatri lirici d’Europa con “Cavalleria rusticana”.
Personalità poliedrica dunque e scrittore immenso di cui si accorse subito il suo corregionale Luigi Russo (1892- 1961) che ne mise in luce la poetica, lo stile, il linguaggio il quale però, contrariamente, per esempio, a Camilleri, non ha riferimenti al dialetto siciliano, tranne nell’uso della sintassi, ma con pochissimi termini dialettali.
Riprendere e ricordare l’uomo e l’artista Giovanni Verga, in occasione dell’anniversario della nascita, appare dunque non solo doveroso ma anche importante per la stabilità e l’evoluzione della nostra Istruzione, preclusa ai “vinti”, ma oggi indispensabile affinché le esperienze di ragazzi come “Rosso Malpelo”, riprendendo una segnalazione del Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina Diritti Umani, non abbiano più ad accadere, costituendo “un documento prezioso e realistico, uno spaccato di vita brutale e disumano, delle condizioni delle classi subalterne soprattutto nella fascia di età più esposta perché più vulnerabile: l’infanzia”.
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