Ieri, 23 maggio, nel corso del 31esimo anniversario dalla strage di Capaci, che uccise, tra gli altri, il magistrato Giovanni Falcone, la commemorazione tradizionale che ogni anno si svolge a Palermo è stata teatro di molti tafferugli tra studenti e poliziotti. Lo riportano i vari media come Il Corriere della Sera e La Repubblica.
Un fitto cordone di polizia ha tentato di bloccare il corteo promosso da associazioni studentesche, realtà sociali e Cgil, che nel pomeriggio ha sfilato per le vie di Palermo. A disporlo, il questore Leopoldo Laricchia, che con un’ordinanza ha intimato a studenti e lavoratori di non raggiungere l’Albero di Falcone, luogo simbolo della città in cui ogni anni il 23 maggio alle 17.58 viene ricordata la strage e di non “arrecare disturbo o alcuna altra turbativa alla cerimonia”. Lì da programmi avrebbe dovuto avere libero accesso solo la manifestazione organizzata dalla Fondazione Falcone.
Oltre duemila persone sono così arrivate nei pressi di via Notarbartolo, nella zona dell’Albero, trovando schierato un fitto cordone di polizia. Il corteo, partito dall’Università, avrebbe dovuto sciogliersi al Giardino inglese ma i manifestanti hanno cercato di forzare il cordone di polizia, pur di raggiungere via Notarbartolo, venendo a contatto con gli agenti in assetto anti sommossa.
Da qui il caos: “Volevano impedirci di venire qui, evidentemente hanno la coscienza sporca”, dice una ragazza, poco prima volata a terra dopo lo spintone un poliziotto. Lo striscione del corteo di studenti e sindacati recitava “non siete Stato voi, ma siete stati voi”.
“Finirà questo sistema patriarcale, classista e sessista che non ci rappresenta, come finirà la collusione fra Stato e mafia”, urla una studentessa al megafono. “Le istituzioni hanno il diritto di parlare di antimafia se recidono ogni contatto con quegli ambienti, se si sporcano le mani nei quartieri. Oggi il sindaco Roberto Lagalla ha detto che le istituzioni devono dare l’esempio. Ma che esempio arriva da lui, che da oltre un anno non ha preso le distanze da Cuffaro e Dell’Utri che l’hanno appoggiato. Ma che Stato è quello che considera le carceri una discarica sociale, che dice con una sentenza, quella sui carabinieri del Ros Mori e De Donno, che la trattativa con le mafie va bene se è nell’interesse nazionale”, urla al megafono Marta di Our Voice.
“Fuori la mafia dallo Stato” ha urlato a più riprese il corteo. E finirà per urlarlo anche sotto il palco, quando finalmente riuscirà a raggiungerlo. “Fascisti, vergognatevi”, hanno gridato i manifestanti.
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