Nella questione in oggetto l’errore di fondo è che i docenti passati di ruolo vengono definiti “neoassunti” e quindi viene applicato tutto quello che riguarda tale categoria.
In contrario, va fatto notare che non c’è soluzione di continuità nel rapporto di lavoro e quindi nessuna nuova assunzione.
Il passaggio di ruolo è una mobilità interna essendo il datore di lavoro lo stesso e non essendo intervenuta alcuna cessazione del rapporto di lavoro. Anche se nel contratto viene chiamata assunzione, vale la sostanza e non la forma: non c’è stato alcun licenziamento o dimissione volontaria, nè nuova assunzione.
La confusione credo sia nata dalla tecnica legislativa adottata con la L. 107. Essa richiama “in quanto compatibili con i commi da 114 a 118, gli articoli da 437 a 440 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.”
In questi articoli si parla di “nomina in ruolo” e l’art. 437 c. 1 dice “Il personale docente e direttivo della scuola e delle istituzioni educative è nominato in prova.” il c. 3 poi “Il personale docente ed educativo cosi nominato, è ammesso ai sensi dell’articolo 440, ad un anno di formazione, che è valido come periodo di prova”.
La confusione nasce dal fatto che la nomina in ruolo qui non è specificata e così ora viene applicata a tutti, compresi i passaggi di ruolo, perché ottenuto il passaggio essi vengono “nominati” nel nuovo ruolo. Sembrerebbe quindi abbiano ragione coloro che li obbligano a fare l’anno di formazione. Invece no, perché la “nomina in ruolo” di cui parla la L. 297 è specificata all’art. 399 (come modificato dalla L. 124/1999): “L’accesso ai ruoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d’arte, ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all’art. 401”.
Come si vede, si parla solo dei due canali per l’assunzione a tempo indeterminato. La nomina in ruolo, cui si applica l’anno di formazione, è quindi quella con cui si entra nei ruoli. Il passaggio non è accesso ai ruoli. Il fatto che venga usata l’espressione “nominare in ruolo” anche per chi ha avuto il passaggio è ambiguo e fonte di confusione.
La L. 107 opera un ritaglio all’interno della L. 297, alterando il senso degli istituti in essa contenuti o, meglio, la loro interpretazione. Infatti, l’ermeneutica corretta della “nomina in ruolo”, finché non ne venga data esplicitamente (e non solo per rimando) una diversa, resta quella sistematica della L. 297. E se anche si volesse sostenere l’ermeneutica modificativa, questa non potrebbe avere valore retroattivo, proprio perchè è un’interpretazione, non ha carattere necessario e urgente e crea disparità di trattamento rispetto ai passaggi di ruolo dell’anno precedente che in presenza delle medesime norme non hanno dovuto fare l’anno di formazione.
Sulla questione della retroattività di una norma non esistente al tempo del passaggio di ruolo ottenuto, va infine precisato che non basta che essa sia semplicemente motivata. Infatti, va ricordato che “occorre che la retroattività non contrasti con altri valori e interessi costituzionalmente protetti (ex plurimis, sentenze nn. 93 e 41 del 2011) e, pertanto, la Corte Costituzionale ha individuato una serie di limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi attinenti alla salvaguardia di principi costituzionali e di altri valori di civiltà giuridica, tra i quali sono ricompresi “il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (ex multis sentenze n. 78 del 2012 e n. 209 del 2010)”.
Come si fa ad affermare l’urgenza, la necessità e la non discriminatorietà (rispetto ai passaggi dell’anno precedente, con lo stesso regime giuridico) di una formazione speciale imposta a poche centinaia di docenti, che nella maggioranza dei casi sono tra i più formati (doppie abilitazioni, curricola sostanziosi, numerosi anni di ruolo, numerosi incarichi istituzionali nelle scuole di provenienza ecc. ecc.)?