Una cosa è certa. I presidi, prima contenti dell’impianto generale del Ddl scuola, adesso, dinanzi a tanti emendamenti che vanno nella direzione di una limitazione dei poteri dei dirigenti, cominciano a preoccuparsi. E cercano di fare pressione su Governo e Parlamento perché si accelerino i tempi. Ne va, dicunt, del buon funzionamento delle scuole.
L’Anp ha infatti lanciato una petizione, sostenendo che “i Dirigenti delle scuole non possono continuare ad essere attaccati ed insultati così pesantemente di fronte all’opinione pubblica, né essere mortificati dall’esclusione dal Ruolo Unico della Dirigenza dello Stato.”
Così, in una lettera inviata ai dirigenti, l’Associazione scrive: “ L’Anp aveva condiviso l’impianto del DDL La buona scuola licenziato dal Consiglio dei Ministri, nella parte in cui aveva attribuito al Dirigente alcuni indispensabili strumenti per l’efficace gestione delle scuole. Pur con qualche riserva – evidenziata nelle audizioni – avevamo salutato con favore l’introduzione del merito e la valutazione delle scuole, dei docenti e dei dirigenti, nell’ottica della rendicontabilità della Pubblica Amministrazione. Ritenevamo apprezzabile il tentativo di dare gambe all’autonomia con l’attribuzione delle necessarie leve gestionali ai Dirigenti delle scuole. Il passaggio in VII Commissione Camera e quello in Aula avevano già visto approvati emendamenti che amputavano buona parte dei passaggi più positivi, reso illeggibile il testo nella forma e impoverito il contenuto. Al Senato tremila emendamenti tentano di snaturare completamente il progetto iniziale. Non ultimo l’emendamento che limita la permanenza del Dirigente in una sede a soli due incarichi triennali. Quest’ultima previsione non è accettabile nell’attuale contesto del profilo dirigenziale. E’ facile supporre che sia un emendamento più volto ad un’opera preventiva e di scarsa fiducia nella Dirigenza delle scuole che ad un’effettiva esigenza di perequazione.”
Conseguenza naturale? I dirigenti, dinanzi a tanta incertezza, sono intenzionati ad incrociare le braccia: “Se tutto si ferma, nella scuola avremo solo le macerie lasciate da un lungo periodo di scontri e, soprattutto, da una legge di stabilità che, con i tagli degli esoneri e la riduzione delle supplenze, in mancanza di un organico funzionale che mitighi l’asprezza della norma, renderà realmente ingestibile il nuovo anno scolastico. Ma se tutto si ferma, non sarà possibile compilare la Sezione V del fascicolo RAV, che presuppone una ragionevole certezza circa gli strumenti disponibili. In mancanza di tali elementi, il RAV finirebbe con l’essere solo un adempimento formale fine a se stesso, del tutto inidoneo a sostenere processi di miglioramento.”
In tale situazione l’ANP invita tutti i dirigenti a non compilare la Sezione V del RAV con la seguente motivazione: sezione non compilabile per mancanza degli elementi essenziali per l’individuazione della strategia e per la relativa programmazione.
Ma, al di là dell’esplicita buona intenzione, non sarà un modo per stringere Governo e Parlamento?
Non a caso il segretario generale della Cisl Scuola, Francesco Scrima, ha inviato una lettera sulla questione alla ministra Stefania Giannini e al capo di Gabinetto del Miur dott. Alessandro Fusacchia, dove si legge: “L’attuale iniziativa dell’ANP, accompagnata dal lancio di una petizione on line, è collegata all’ipotesi, al momento tutta da verificare sia a livello governativo che parlamentare, avanzata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, di ritirare il ddl cosiddetto “buona scuola” e di avviare nel prossimo mese di luglio una nuova consultazione preliminare ad ulteriori decisioni nel merito del provvedimento. La richiesta dell’Associazione Nazionale Presidi e l’invito rivolto ai dirigenti appaiono del tutto strumentali, soprattutto perché sono proposti alla vigilia di decisioni che il Governo non può più procrastinare. Il percorso politico e parlamentare relativo al ddl di riforma è ancora in evoluzione e nei prossimi giorni se ne attende una più chiara definizione. La scadenza della compilazione del RAV è fissata al 31 luglio e ritenere che permarrà così a lungo una situazione di incertezza circa il destino del ddl è irrealistico. Sembra piuttosto che l’iniziativa sia volta ad esercitare pressioni sul Governo e sul Parlamento, non importa se delegittimando il percorso di autovalutazione, faticosamente avviato ben prima che si parlasse del disegno di legge, e centrale nell’impegno per il miglioramento delle nostre istituzioni scolastiche.”
Insomma gli interessi contrastanti delle varie parti premono sulla politica, dimenticando che la scuola non può essere terreno di scambio e di scontro politico e che il Paese merita un sistema di istruzione capace di innovarsi e di essere all’altezza delle sfide del mondo contemporaneo. Riforme pasticciate permettendo.