Ci separano pochi mesi dal dibattito sul documento “La Buona Scuola” e pochi giorni da uno sciopero proclamato dai sindacati di comparto allo scopo dichiarato di arrestare il processo di riforma legato al DdL n. 2994.
L’opposizione alla riforma ha assunto i contorni di uno scontro frontale, secondo un copione che in modo costante – non ultimo quando nel 1999 fu affossata la riforma Berlinguer – ha contrastato ogni tentativo di far fronte ai ritardi della scuola italiana.
C’è da chiedersi a cosa sia servita la consultazione pubblica attraverso la quale il Governo ha ricercato un confronto aperto sui contenuti della proposta.
Purtroppo, però, non ci può essere confronto con chi pretende che nulla cambi.
È a questo mondo che la nostra Associazione si rivolge e a cui diamo voce, non per contestare l’istituto dello sciopero in sé, ma per contrastare una volta di più le motivazioni e gli obiettivi di questo sciopero, tutto volto al passato e all’antica vocazione al “nulla cambi”. Non sfugge, d’altra parte, la sua “strana” coincidenza con la somministrazione delle prove Invalsi nella scuola primaria: le proteste di alcune sigle sindacali contro il differimento della rilevazione dimostrano quanto poco valore le stesse organizzazioni attribuiscano ad uno – forse l’unico – strumento di rendicontazione sociale che il nostro paese è stato capace di adottare.
Va sottolineato, poi, il fuoco di sbarramento dei sindacati contro il rafforzamento del ruolo dei dirigenti delle scuole.
L’impianto complessivo del DdL resta coerente solo se viene mantenuto saldo l’obiettivo di incrementare gli spazi di autonomia. E ciò si può ottenere solo con l’assunzione di maggiore responsabilità, con la valutazione di sistema, con la condivisione della logica della rendicontazione sociale e del miglioramento continuo come strategia ordinaria.
Si vuole un dirigente senza strumenti e senza poteri. Si pretende di giocare con il concetto di leadership educativa senza che a questa siano connessi elementi sostanziali di management. Ma questo porta alla perpetuazione dell’esistente.
Non si possono porre rimedi alle debolezze organizzative di un’istituzione complessa qual è la scuola con mediazioni al ribasso, né – tanto meno – si può accettare che la scuola diventi merce di scambio nel quadro dei vari processi di riforma in atto
Sollecitiamo, pertanto, il Governo ad essere coerente con le sue proposte e a dimostrare con i fatti di volere seriamente “cambiare verso” alle politiche scolastiche.
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