“In un famoso liceo milanese, il Berchet, sta succedendo qualcosa: dall’inizio dell’anno si sono già ritirati cinquantasei studenti e oltre trecento hanno dichiarato di soffrire d’ansia e di sentirsi vessati dagli insegnanti. Il Berchet è un caso clamoroso, ma non isolato: segnalazioni simili giungono da decine di licei in tutta Italia”.
Così inizia il Caffè di Gramellini, dal titolo “La scuola dell’ansia“, pubblicato sul Corriere della Sera del 31 marzo 2023.
La spiegazione non può essere ricercata – secondo Gramellini – soltanto negli effetti della pandemia, che ha reso più fragili e ipersensibili i ragazzi. E neppure si può pensare che la “colpa” sia dei professori, diventati più esigenti.
“A essere cambiata è la percezione della realtà da parte dei ragazzi” scrive il giornalista nella sua rubrica. E racconta delle sue esperienze a scuola: “Quando il prof di matematica, esasperato dal mio analfabetismo algebrico, strillava «Gramellini sei il numero primo dei cretini», io facevo spallucce: al limite ne parlavo con mio padre, che ovviamente dava ragione a lui e mi invitava a reagire «da uomo», studiando di più. Adesso a me verrebbe l’esaurimento nervoso e papà mi cambierebbe di scuola. Ma nel 1978 non dovevo vedermela con i social che giudicano e commentano ogni singolo gesto e parola. La mia fragile autostima poteva rafforzarsi un po’ alla volta senza essere sottoposta agli stress-test che nell’era del telefono tascabile la bombardano da mattina a sera“.
Quale soluzione, allora?
“Non saprei come aiutare questi ragazzi a farsi una corazza più spessa – conclude Gramellini -, però sarebbe riduttivo derubricare le loro ansie a paturnie da viziati, sentenziando pomposamente: «Ai miei tempi…». I nostri tempi non esistono più. Questi sono tempi nuovi, per i quali servono parole nuove.”