Categorie: Didattica

ANTEPRIMA – Il docente è assente? Niente paura, arrivano le “classi aperte”

Basta con le supplenze tradizionali, le assenze dei docenti si sopperiscono con le “classi aperte”: delle lezioni prese in carico dai prof assunti col “potenziamento”.

Al progetto stanno lavorando al ministero dell’Istruzione. E credono che l’idea al più presto possa andare in porto. Perché risolverebbe, una volta per tutte, il problema dei docenti assenti, a turno, nelle 370mila classi italiane.

Un problema, tra l’altro, che con l’adozione della Legge di Stabilità 2015, è stato acuito. Perché dal 1° settembre scorso, i dirigenti non possono sostituire i docenti per il loro primo giorno di assenza.

Le scuole, sinora, in quel “primo giorno” hanno tamponato la situazione come hanno potuto. Spesso smembrando le classi prive di insegnante in piccoli gruppi, per poi spalmare gli allievi in quelle dove si fa lezione. Alle superiori, si è arrivati in diversi casi anche a far uscire prima la classe (previa autorizzazione dei genitori, spesso via e-mail). O a farla entrare una o due ore dopo l’orario previsto, nel caso in cui la mancata presenza del docente fosse programmata.

Dal secondo giorno in poi di assenza del titolare, invece, viene nominato il supplente. Che può essere un insegnante convocato dalla dirigenza (scelto sulla base della graduatoria d’Istituto), ma anche un prof a disposizione dalla scuola (perché ha ore da completare oppure le ha messe a disposizione a pagamento). Non sempre però anche questa soluzione è soddisfacente: perché i ragazzi, soprattutto del secondo ciclo, sanno che si tratta di un prof “di passaggio” e le lezioni del supplente non hanno un grande seguito.

Da dicembre, però, la situazione è migliorata. Perché con l’arrivo dei 4-8 docenti frutto del “potenziamento” voluta dalla riforma, tutti privi di ore frontali, i dirigenti hanno quasi sempre utilizzato loro per supplire ai colleghi di ruolo.

Da qui è nata l’idea: perché non organizzare nelle scuole delle lezioni con argomenti complementari, in aule capienti, tenute dai docenti di ruolo assunti con la fase C della Buona Scuola, dove tutti gli alunni sprovvisti del loro insegnante possono recarsi e non perdere la lezione? Un modello che si rifà, insomma, all’organizzazione didattica di tipo universitario.

 

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Facciamo un esempio: in un liceo scientifico, manca il prof di italiano per due ore. Quel docente quel giorno avrebbe dovuto svolgere 4 ore: le prime due in seconda A, la terza e quarta ora in terza C.

Alla seconda A, la scuola offre la possibilità di svolgere, anziché le due ore di italiano previste, una lezione sulla contabilità aziendale tenuta dal docente di “Economia aziendale” arrivato a scuola grazie al “potenziamento”.

La terza C, invece, potrà fruire di un’esercitazione di “Informatica”, anche questa tenuta da uno degli insegnanti tecnici neo-assunti attraverso l’ultima delle fasi di immissione in ruolo della Legge 107/15.

Al ministero dell’Istruzione, dicevamo, sono convinti che il progetto meriterebbe di essere sperimentato su larga scale. Se non altro, perché da un punto di vista puramente didattico sino ad oggi le soluzioni adottate sono state deludenti. Come abbiamo detto, anche quando il docente-supplente arriva dietro la cattedra per pochi giorni, è cosa nota che quasi mai tiene una lezione vera e propria.

Mentre l’idea delle “classi aperte”, a tutti gli allievi privi del loro docente, potrebbe superare anche questo limite. Perché dopo un certo numero di lezioni, il docente che fa didattica a tutte le classi potrebbe pure avere la facoltà di verificare cosa hanno effettivamente percepito i ragazzi durante la sua lezione aperta. E, si sa, quando gli allievi sanno di essere messi alla prova, il loro grado di attenzione si incrementa.

Il problema, però, esiste: “è soprattutto culturale”, ci spiega uno dei fautori del progetto. Nel senso che “ci sono dei presidi che non vedono di buon occhio un modello di supplenze di questo genere. Sono quei dirigenti scolastici ancorati alle lezioni e alla scuola tradizionale, che non comprendono come certe strategie oggi siano diventate necessarie”.

Al Miur, però, non disperano: per superare certi scetticismi, hanno deciso che informeranno i presidi con delle riunioni ad hoc. Proprio per far comprendere l’utilità del progetto “classi aperte”. In alcune province già è stato fatto. Presto toccherà a tutte le altre.

 

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Alessandro Giuliani

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