Come reagireste se, in pizzeria, dopo aver ordinato e pagato per una pizza e una bibita media, vi consegnassero tre quarti di pizza e una bibita piccola? Se, scusandosi per l’errore, vi promettessero di omaggiarvi di un dolce e poi, prima che addentiate l’ultima fetta di pizza (quella più saporita, che vi siete tenuti per ultima), vi dicessero che il dolce non ve lo danno più e che, anzi, devono riportare in cucina anche quell’ultima fetta di pizza che avete davanti?
Eppure è più o meno quello che è successo quest’anno, al termine di un altro anno difficile e culminato nell’ultima offesa, a circa 8 milioni di studenti e studentesse in questo Paese.
Con una nota, il 17 maggio 2021, il Ministero dell’Istruzione ha permesso agli Uffici scolastici Regionali di anticipare gli scrutini prima della fine delle lezioni. Con un’email, quella stessa sera, la mia Dirigente Scolastica ci ha informato della prossima pubblicazione di un calendario degli scrutini di fine anno a partire dal primo giugno. Le ultime due settimane di scuola, pertanto, non potranno portare con sé valutazioni (né recuperi).
È (speriamo) l’ultima puntata di una stagione di offese alla scuola, cominciata col rientro in classe promesso e disatteso per la fine dell’anno scorso, continuato con i “piani scuola” con cui quello stesso rientro sarebbe dovuto avvenire il 14 settembre con “tutti gli insegnanti in cattedra a partire dal primo giorno”, e gli strumenti per la DAD potenziati e resi efficienti, talmente efficienti da richiedere un cambiamento di nome: da DAD (Didattica A Distanza) a DDI (Didattica Digitale Integrata), tutta un’altra cosa. Ovviamente la realtà si è rivelata diversa, con insegnanti arrivati in cattedra alla quarta, quinta, settima settimana di scuola, e con l’orario scolastico conseguentemente lasciato “provvisorio” (leggasi: incompleto) fino a quel momento. E la fetta di pizza si rimpicciolisce.
L’anno è proseguito con la scoperta che il trasporto pubblico locale non poteva garantire il distanziamento e, non essendoci risorse per potenziarlo, la conclusione che fosse meglio lasciare a casa qualcuno: a cominciare dalla scuola, magari. La pizza si restringe ancora un po’. C’è stato, poi, il rientro in presenza di gennaio, per qualche settimana, prima che una nuova ondata facesse richiudere le scuole.
Intanto, la scuola per la quale lavoro, un popoloso liceo nel capoluogo di una ricca regione del Nord Italia, mi chiedeva di far lezione da scuola a settimane alterne, e di svolgere le altre da casa, perché “la succursale non è dotata di fibra internet”. Lezioni a cui partecipava, a settimane alterne, una metà della classe. Risultato: potevo incontrare ogni student*, dal vivo, ogni quattro settimane. E perdiamo un’altra sorsata di bibita.
A febbraio, il neo-insediato ministro dell’istruzione proponeva l’idea di prolungare l’anno scolastico di qualche settimana, per recuperare un po’ di tempo per la didattica. Ecco la promessa del dolce! Ma, da subito, si levavano gli scudi de* collegh* che prendevano la proposta come attacco personale: “ecco, di nuovo a dire che noi insegnanti non facciamo abbastanza”, senza riflettere sul fatto che il ministro avesse parlato del tempo che, a causa della DAD, era stato non perso, ma non altrettanto efficiente: lo dimostrano il programma e le attività svolte quest’anno se confrontate a quelle di due anni fa.
Sfido chiunque a farlo e a dirmi di non notare cambiamenti in peggio. Nessun* a preoccuparsi delle ricadute sul servizio offerto e sull’opinione dell’utenza a cui quel servizio è rivolto, quell’utenza per cui l’intera baracca (dall’insegnante precario al dirigente, dal ministro al collaboratore scolastico, lavorano): quegli 8 milioni di studenti e studentesse di cui sopra. Il servizio offerto all’utenza di quest’anno è stato di pari valore, approfondimento ed efficienza di quello offerto due anni fa? Se la risposta è negativa, allora quell’utenza ha ricevuto tre quarti di pizza, nonostante l’abbia pagata tutta. E va risarcita.
Ma non se ne farà nulla, il dolce resta in cucina.
In tutto l’anno – ci tengo a sottolinearlo – insegnanti e discenti ce l’hanno messa tutta, sopperendo con dedizione, competenza e passione alle difficoltà insorte man mano.
Ora, una nota di cui si vociferava da mesi ha preso infine forma il 17 maggio: gli scrutini verranno anticipati al primo giugno. E allora? Perché questa sarebbe l’ennesima offesa alla scuola? Perché lo stesso ministro che tre mesi prima proponeva di prolungare l’anno scolastico, con la nota di ieri l’ha in realtà accorciato, mettendo in scena un’inversione ad U che, a causa della prossimità della data e della frequenza che nelle scuole superiori è tuttora a settimane alterne, ha luogo su un’autostrada. E l’ultimo boccone viene portato via.
L’offesa è persino aggravata dalla motivazione portata avanti per la nota: manca, soprattutto in alcune scuole grandi come quella dove presto servizio, il tempo materiale per svolgere gli scrutini tra l’ultimo giorno di scuola ed il primo giorno degli Esami di Stato. È verissimo, nel nostro caso sono soltanto 3: non possono fisicamente bastare per scrutinare cinquanta, sessanta, ottanta classi. Peccato che il calendario scolastico regionale sia stato pubblicato a giugno 2020 (11 mesi fa), mentre quello degli Esami di Stato fosse noto da ottobre 2020 (7 mesi fa), e pur conoscendo le date dell’uno e dell’altro, il numero di classi iscritte in ogni istituto e quello delle ore presenti in ogni giorno di giugno, pur essendo in grado di effettuare una divisione fra le ultime e le penultime, il Ministero ha atteso il 17 maggio per emanare questa nota, lasciando meno di due settimane (nove giorni di lezione: quattro con una metà della classe, cinque con l’altra) per poter chiudere i programmi, svolgere le ultime verifiche o dare una possibilità di recupero agli studenti e alle studentesse. In tutte le materie.
Se il ministro Bianchi fosse lo studente di un professore severo, questo gli direbbe “Patrizio, non hai studiato l’anno e ti presenti adesso per arrivare al sei? Mi spiace, ci vediamo a settembre”.
E pretenderei la pizza, e la bibita, per intero.
Luigi Ottolini