Le scuole sono in preda allo sconcerto causa dell’ordinanza 17 maggio 2021, n. 159, che di fatto anticipa gli scrutini. Nel Lazio, in particolare (come sottolineato persino dal Corriere della Sera), una secca Nota amministrativa della Direzione Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale spiega che tale provvedimento è stato deciso «ai sensi dell’articolo 231-bis, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 34 del 2020, che consentiva di “prevedere, per l’anno scolastico 2020/2021, la conclusione degli scrutini entro il termine delle lezioni” in relazione all’analogo termine previsto per i contratti di cui al medesimo articolo e comma, lettera b) (cd. “contratti covid”)».
Formalmente la Nota lascia libere le istituzioni scolastiche in merito al calendario degli scrutini. Avverte però: «Nel caso in cui sia, di fatto, impossibile modificare il calendario degli scrutini per rispettare i predetti termini, il dirigente dovrà chiedere all’Ufficio scolastico provinciale di riferimento la conseguente proroga dei contratti, motivandola adeguatamente».
Come è noto, si definisce “gerarchia delle fonti normative” quel principio secondo cui una norma successiva di grado inferiore non può modificare una norma precedente di grado superiore. Ne consegue che una Legge non può contraddire la Costituzione, un Decreto Ministeriale non può modificare una Legge (né tanto meno può farlo una Circolare), e così via. E infatti, correttamente, sia l’Ordinanza ministeriale che la Nota dell’USR rimandano a norme superiori.
Ci sono però altri principi di legge che sembrerebbero scavalcati da questi provvedimenti. Primo fra tutti il principio della sovranità dei Collegi dei Docenti in materia didattica, solennemente sancito dall’articolo 7 del Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (in linea con gli articoli 33 e 34 della Costituzione); il quale, peraltro, all’articolo 192, comma 7, stabilisce che soltanto «Al termine di ciascun trimestre o quadrimestre ed al termine delle lezioni il consiglio di classe delibera i voti di profitto e di condotta degli alunni». E, secondo la gerarchia delle fonti normative, un Decreto Legislativo è superiore ad un Decreto Legge (che è emanato dal Governo, e in quanto tale temporaneo: tanto da decadere dopo 60 giorni se non convertito in Legge, e da venir emanato solo per questioni con carattere di urgenza).
C’è poi la Legge n. 169/2008, che all’art. 2, comma 1, prescrive il principio secondo cui nello scrutinio finale «viene valutato il comportamento di ogni studente durante tutto il periodo di permanenza nella sede scolastica».
Insomma: il provvedimento che anticipa gli scrutini – per non pagare i precari, come sembrerebbe potersi desumere dalle parole della Nota dell’USR Lazio che abbiamo testualmente citato? – rischia di mettere in forse la validità giuridica degli scrutini, ed espone anche quest’anno le istituzioni scolastiche ad una pioggia di ricorsi da parte dei genitori degli alunni. A meno che non si voglia – ma ci rifiutiamo di crederlo – indurre anche quest’anno le scuole ad una “sanatoria” generalizzata. E tutto ciò per avere soldi da destinare al “Piano Scuola Estate”? E per di più si decide ora di accorciare l’anno scolastico dopo mesi di dichiarazioni e smentite circa la necessità di prolungarlo?
Le date degli scrutini sono decise a inizio d’anno scolastico dai Collegi Docenti nei Piani delle Attività, in piena conformità con la Legge, che attribuisce ai Collegi stessi questa prerogativa. In qualche modo, quindi, la Nota amministrativa sta forse suggerendo di contravvenire all’unica delibera autorizzata per legge (la quale, in effetti, viene ad essere già “perfetta” all’atto iniziale della sua approvazione)?
Troveranno i Collegi dei Docenti della Penisola la consapevolezza necessaria per gestire autonomamente – come la Legge prescrive – il proprio calendario degli scrutini? E i Dirigenti sapranno – come la Legge prescrive – rispettare le delibere dei Collegi dei Docenti, anziché esporsi al rischio di contravvenire alla Legge per obbedire a Decreti ministeriali e Note amministrative?
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