L’attore Antonio Albanese, come abbiamo scritto, è il protagonista del film, in uscita giovedì, “Un mondo parte”. Nella pellicola, incentrata sul mondo della scuola, Albanese interpreta un docente, un maestro delle elementari, che sta per affacciarsi a una nuova vita.
L’attore è stato intervistato da Il Corriere della Sera, quotidiano a cui ha raccontato alcuni aneddoti sulla sua esperienza a scuola e a cui ha affidato alcune riflessioni sul mondo dell’istruzione. Ecco le sue parole: “La mia maestra era a volte disperata perché ero un bambino abbastanza vivace. Sempre stato vivace, sempre avuto una bella energia. Abitando tra il lago e il bosco, poi… Ma una cosa la ricordo bene: anche lei, come tutti i maestri, aveva una credibilità oggi troppo spesso perduta. Non capitava, allora, che il papà di un bambino pestasse a sangue un insegnante, come ho letto che è successo da qualche parte l’altro giorno. Stiamo incontrando un sacco di maestri, in questi giorni. Sono stupiti che si parli di loro, finalmente. E confessano spesso di essere intimiditi dall’aria che tira”, ha esordito.
A proposito di violenza contro i docenti, il film di Albanese comincia proprio con un bambino della periferia romana che va a riprendersi il cellulare requisito: “Sennò chiamo papà e te faccio ammazza’ de bbotte”.
Pochi docenti maschi? Ecco il motivo secondo l’attore: “Sarà perché gli stipendi sono bassi e i maschi pensano di poter fare altre cose? Assurdo. Ho lavorato in fabbrica otto anni, prima di fare l’attore. Ma avere a che fare coi bambini è uno dei mestieri più pesanti del mondo. Un giorno ho incontrato ventidue scolari. Dopo un’ora ero stremato. Mi ci sono immedesimato, in quel lavoro. E ho capito che è un lavoro meraviglioso ma pesantissimo. E non si fa solo in classe. Devi prepararti, studiare, farti venire delle idee… Conoscere i bambini uno ad uno… Conoscere le famiglie, i loro problemi… Il tutto per uno stipendio modesto che spesso obbliga i maestri andare a vivere dall’altra parte d’Italia… E poi a fare chilometri e chilometri da casa a scuola. Tutti i giorni. Col sole, con la pioggia, con la nebbia, con la neve come nel nostro film. Una cosa ho capito: ci vuole un’immensa passione per farlo. Tanto più in una società che i maestri li capisce sempre meno”, ha aggiunto, parlando di stipendi.
E, sulla scuola chiusa per Ramadan: “È stato solo segnale di rispetto. Cosa c’entra la sottomissione. Non sono d’accordo con Valditara. I crocifissi alle pareti devono restare perché quella della nostra storia. È la nostra cultura. Ma questo non vuol dire rifiutare a priori qualsiasi cosa della cultura altrui”.
E, infine Albanese, che ha lasciato la scuola a 14 anni per lavorare in fabbrica, ha raccontato: “Quando mio figlio mi ha detto che voleva fare il liceo classico ho stappato una bottiglia”.
La pellicola racconta la storia di Michele Cortese, un maestro delle elementari, che sta per affacciarsi a una nuova vita. Dopo aver insegnato per quarant’anni nella giungla delle scuole romane, l’uomo riesce a farsi assegnare all’Istituto Cesidio Gentile detto Jurico, ovvero una scuola, sita nel Parco Nazionale d’Abruzzo, con un’unica pluriclasse di bambini che vanno dai 7 ai 10 anni. Aiutato dalla vice-preside Agnese e dagli alunni, Michele la sua iniziale inadeguatezza metropolitana e pian piano diventa uno di loro. Quando ogni cosa inizia ad andare per il verso giusto, però, giunge un’orribile notizia: a causa delle poche iscrizioni, la scuola a giugno chiuderà per sempre. È così che Michele, Agnese e i bambini inizieranno una lunga corsa contro il tempo per evitare che questa piccola realtà scolastica smetta di esistere.
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