Parte da Milano, Parma, Bologna, Torino, Modena e altre città del nord un appello rivolto a Pier Luigi Bersani per far sì che il cosiddetto “ddl Aprea” venga ritirato o comunque non sostenuto dal Partito democratico.
L’appello è firmato dalle “sigle” che in questi anni sono sempre state in prima linea contro la riforma Moratti e contro la riforma Gelmini: si va da Retescuole di Milano, al Comitato bolognese Scuola e Costituzione, fino a La scuola siamo noi di Parma e al Coordinamento Genitori di Torino. Non mancano però movimenti di base romani e napoletani.
“Il PD – sostengono i movimenti firmatari dell’appello – giudica questo ddl una buona legge. Per noi non lo è affatto”.
E poi elencano i motivi della loro opposizione.
Innanzitutto c’è il fatto che il testo approvato da tutti, Idv esclusa, “è molto simile alla prima parte della proposta di legge Aprea presentata nel 2008, alla quale il Pd – finora – si era sempre dichiarato contrario”.
Ma poi ci sono anche motivi di merito: i poteri non sono equamente distribuiti fra i diversi organi dell’isttituzione scolastica con un eccessivo accentramento nelle mani del dirigente (“il ddl – accusano anzi i movimenti – propone una scorciatoia “dirigista” in luogo della necessaria elaborazione di nuove e più incisive forme di autogoverno”).
La critica maggiore riguarda lo stravolgimento dei criteri di rappresentanza delle componenti che vivono e lavorano nella scuola: “scompaiono i consigli di classe, i rappresentanti di classe, le assemblee e i comitati dei genitori, le assemblee degli studenti, i rappresentanti del personale tecnico e amministrativo”.
Critica che però appare discutibile in quanto, nei propri statuti, le scuole potranno definire le modalità di rappresentanza considerate più adeguate.
Ovviamente i firmatari dell’appello – dimenticando forse che l’autonomia scolastica è espressamente riconosciuta dall’articolo 117 della Costituzione – si dichiarano apertamente contrari all’autonomia statutaria delle singole scuole considerato “un passaggio davvero eccessivo se pensiamo che l’autonomia statutaria è riconosciuta ai Comuni, cioè all’ente territoriale che rappresenta l’intera comunità e che esprime i suoi organi di governo attraverso elezioni a suffragio universale”.
Il fatto è che quello che emerge dal disegno di legge propone un modello di autonomia molto più impegnativa rispetto a quello attuale che non tutte le scuole sarebbero in grado di “reggere”. E questo crea certamente qualche legittima preoccupazione nel mondo della scuola.
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