Sindaco di Praia a Mare vuole evitare “deportazione” dei prof meridionali

In questi giorni si sta concludendo l’invio delle domande di mobilità (obbligatorie) a livello nazionale da parte dei docenti, giovani ma anche meno giovani con tanti anni di precariato alle spalle, che lo scorso anno sono stati immessi in ruolo in base alla legge 107/2015. Ho approfondito la situazione in alcuni incontri avuti con numerosi docenti coinvolti nella predetta procedura, e devo evidenziare che le prospettive sembrano davvero disastrose, non solo per i diretti interessati, ma anche e soprattutto per l’intero tessuto sociale calabrese e meridionale.
Per colpa anche di una politica scolastica sempre più costretta a tagli ed accorpamenti, pare infatti si vada profilando una vera e propria “deportazione” dei nostri docenti nell’area nord della nazione. Ritengo doveroso pertanto rivolgere un accorato appello, al Governo Renzi in primo luogo, ai senatori ed ai deputati calabresi, al Presidente della Regione Calabria ed ai Presidenti delle Province calabresi, e soprattutto all’Ufficio Scolastico Regionale e agli Uffici Scolastici Provinciali calabresi, affinché tutti si adoperino per evitare una situazione che avrebbe gravi ripercussioni sociali, o quanto meno per riuscire a limitare al massimo i trasferimenti.

Tale “deportazione” infatti, non rappresenterebbe solo un problema per il “trasferito” e la sua famiglia, ma colpirebbe la nostra collettività sotto vari aspetti. Innanzitutto, quello economico: ancora una volta una enorme quantità di spesa pubblica si riverserà sul Nord del paese, con gli stipendi dei meridionali che saranno trasferiti tutti al settentrione per fitti di case e spese di vita quotidiana, e probabilmente, non bastando lo stipendio, anche i risparmi accumulati dai docenti stessi e dai loro genitori saranno trasferiti al Nord, impoverendo ancora di più le aree meridionali del paese. C’è poi l’aspetto culturale: le nostre migliori energie, permeate di entusiasmo professionale e spesso di notevole esperienza accumulata in tanti anni di supplenze, andranno a rafforzare il tessuto sociale del Nord, impoverendo anche dal punto di vista culturale le nostre già disagiate terre meridionali.

Ma soprattutto è da considerare l’aspetto sociale, ed il ruolo della famiglia, fondamentale per la crescita e lo sviluppo sano dei nostri territori: verrebbero disgregate intere famiglie, con padri ma soprattutto tante madri costrette ad allontanarsi dai propri figli, i quali per anni si ritroverebbero senza la presenza del genitore, proprio nell’età in cui è necessario per un genitore essere sempre presente per accompagnare con attenzione e cura la crescita dei propri figli.

Capisco perfettamente che in un mondo globalizzato, ormai bisogna essere preparati agli spostamenti per cogliere le opportunità di lavoro, ma l’esodo dei nostri docenti (parecchie migliaia) avrebbe un impatto davvero troppo forte sul nostro tessuto sociale, che già risulta duramente provato dalla crisi e dalla eterna questione meridionale. L’anomalia della procedura in corso sta proprio nel fatto di dover concorrere “al buio”: di norma, quando si partecipa ad un concorso pubblico, si sa in partenza per quali posti si sta concorrendo e soprattutto per quali destinazioni. E quindi chi partecipa è consapevole del risultato finale. Invece i nostri docenti stanno concorrrendo per mete indefinite e sconosciute: vi sono tantissime persone che dopo anche trent’anni di girovagare tra tante scuole della provincia, si ritroveranno a dover affrontare un trasferimento anche a mille km di distanza dalla propria casa e dalla propria famiglia, un trasferimento deciso in base a sconosciuti algoritmi e a sistemi elettronici, che non tengono assolutamente conto delle tante situazioni personali e familiari.

Addirittura potrebbero essere in tanti ad essere costretti a rinunciare definitivamente al proprio lavoro, e ciò finirà per creare nuova disoccupazione e nuova povertà al Sud. Ribadisco pertanto il mio appello, a tutte le istituzioni sopra citate, affinché possano trovare soluzioni adeguate, al fine di scongiurare tanti gravi danni sia alle persone ed alle famiglie interessate, sia alle intere comunità meridionali, che mai come ora hanno bisogno di crescita e sviluppo e non certo di ulteriori penalizzazioni economiche e sociali.

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