Il modello di scuola a Tempo pieno ha una lunga storia. Nasce negli anni Sessanta (a Bologna per l’impegno di Bruno Ciari) non solo per garantire più scuola alle bambine e ai bambini ed essere di aiuto alle madri e ai padri, ma anche per diventare laboratorio di didattica dai tempi distesi: due insegnanti ogni classe con 4 ore di compresenza per attività di gruppo, uscite sul territorio, lavori a classi aperte, didattica sperimentale.
Da oltre trent’anni la crescita delle sezioni di tempo pieno è però stata bloccata dai governanti, interessati più al risparmio che a garantire la qualità della scuola e a dare risposte alle richieste dei genitori e delle insegnanti.
Dal 2008 poi la stessa definizione Tempo Pieno è stata cancellata, il modello è stato considerato una semplice estensione del tempo scuola e abbiamo vissuto il tentativo di trasformare le “compresenze” in ore a disposizione per un utilizzo in qualsivoglia sezione della scuola e spesso da usare per coprire la mancata chiamata dei supplenti.
Le politiche governative di tagli degli organici non hanno tuttavia cancellato i bisogni per i quali era nato il tempo pieno. Lo dimostrano le richieste e le preferenze di tempo orario espresse dalle famiglie nel nostro quartiere al momento dell’iscrizione.
Così, nel nostro istituto, per offrire un orario di 40 ore si è dovuto, in alcuni casi, ricorrere perfino a ore di doposcuola a pagamento, appaltate ad esterni.
In generale, per dare risposte alle esigenze di un tempo scuola lungo, è stato necessario far nascere tante classi a 40 ore con un numero di insegnanti insufficiente, senza poter garantire un funzionamento stabile delle classi e senza ore di compresenza, necessarie a una didattica ottimale.
L’attuale organizzazione ci obbliga a saltellare da una classe all’altra, sacrificando il rapporto con i bambini. Ci rende quasi impossibili le uscite nel territorio per visitare i musei, andare a teatro, conoscere la natura e la città, realizzare esperienze di didattica all’aperto. Ci priva della possibilità di organizzare serenamente i lavori per gruppi, rende difficile fare esperienze laboratoriali e dedicare attenzioni a di chi è più fragile.
La frammentazione degli insegnanti va a detrimento dell’unità del team docente perché è quasi impossibile riuscire a confrontarsi tutti insieme, ad esempio nelle programmazioni. Questa organizzazione richiude la scuola su se stessa in un continuo affanno, fa entrare nella scuola la precarietà e la frammentazione della società.
Per uscire da questa situazione è indispensabile che le istituzioni assegnino l’organico mancante di insegnanti. Nel nostro istituto comprensivo a fronte di 31 classi funzionanti a 40 ore, l’organico è sufficiente solo a coprirne 15. I fondi “next generation” che giungono dall’Europa devono servire a questo, nella nostra come nelle altre scuole italiane.
Nello specifico chiediamo un incontro – a distanza – con il Direttore dell’Ufficio scolastico provinciale per spiegare le nostre richieste e per avere informazioni sulle scelte del Ministero e degli uffici decentrati relativamente all’organico 2021-22.
Claudia Finetti, Adele Porcaro, Gianluca Gabrielli
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