Dall’avvento del segretario del PD, Matteo Renzi, alla guida di un Governo a maggioranza PD ci saremmo aspettati, al capitolo scuola, la continuazione della battaglia combattuta dal suo partito contro le storture introdotte dagli interventi berlusconiani che di fatto hanno stravolto l’istruzione pubblica, trasformando le classi in pollai, riducendo il tempo della scuola, tagliando drasticamente i fondi, con le conseguenze facilmente immaginabili sulla didattica.
Ci ritroviamo, invece, con una proposta di legge oggi in parlamento, la c.d. ‘Buona scuola’, che prosegue quel disegno miope con la promozione dei suoi aspetti più deleteri: svolta autoritaria e asservimento dei docenti, in nome di un efficientismo di maniera che nasconde la volontà di sovvertire uno degli ultimi spazi di democrazia viva in Italia in nome del “Tutto bene, madama la Marchesa!”.
Eppure la scuola, come vuole la Costituzione e ci hanno insegnato i padri costituenti, è e deve essere, finché ci sarà la Repubblica, palestra di democrazia.
Sommessamente chiediamo al PD, a tutto il PD e non solo alla sua minoranza, di non votare questo provvedimento che snatura il senso della scuola e stravolge i principi fondanti stessi di quel partito che si definisce ancora ‘democratico’.
Ci permettiamo di appellarci all’attuale e al precedente Presidente della Repubblica, insigni esponenti di quella parte politica oltreché testimoni e garanti di quella Costituzione nata dal sacrificio di un popolo che ha saputo trovare il coraggio della libertà nel buio della dittatura.
Infatti, non ci possiamo permettere ora di intraprendere deliberatamente il percorso inverso dalla luce della democrazia alla rovina dell’autoritarismo. Non lo possiamo, per noi e per i nostri figli; non lo possiamo, per il rispetto che dobbiamo a quanti si sono sacrificati per ridarci la libertà.
Basta con la foglia di fico delle 100.000 assunzioni; se lo Stato assumerà questi docenti, non lo dobbiamo alla ‘Buona scuola’ di Renzi e Giannini, ma ad una sentenza della Corte europea di giustizia che è venuta a sanare il regime del precariato nella scuola italiana.
Basta con la propaganda dei soldi stanziati per l’edilizia scolastica. I giornalisti vadano a chiedere a presidi e ad amministratori alle prese con problemi di aule e stabili quanti soldi hanno visto da quando è in carica questo Governo.
Gridiamo con Piero Calamandrei, padre nobile della nostra Repubblica, gridiamo consapevoli che questo nostro grido non potrà restare inascoltato: “Difendiamo la scuola che corrisponde a quella Costituzione democratica che ci siamo voluti dare, difendiamo la scuola che deve essere lo strumento affinché questa Costituzione scritta sui fogli diventi realtà”.
Fermatevi finché c’è tempo. Ne va del destino di libertà del nostro Paese.